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Questo articolo è stato pubblicato il 19 aprile 2012 alle ore 16:55.

Le rateizzazioni dei versamenti Imu varate nei ritocchi parlamentari rischiano di avere un effetto più mediatico che reale, soprattutto nei molti Comuni che fra incertezze di gettito e tagli ai bilanci stanno decidendo di spingere le aliquote verso l'alto.
Dopo il restyling avvenuto in commissione Finanze alla Camera, il calendario dei versamenti si biforca: per l'abitazione principale, i contribuenti potranno scegliere di versare l'imposta in tre rate, due di acconto (18 giugno e 17 settembre) e una di saldo (17 dicembre), mentre i titolari di altri immobili devono fare i conti con la scansione più tradizionale che prevede due appuntamenti alla cassa (giugno e dicembre).
Gli acconti, in tutti i casi, si calcolano però con le aliquote standard di riferimento fissate dalla legge nazionale (4 per mille per l'abitazione principale, 7,6 per gli altri immobili tranne il 2 per mille previsto per i fabbricati strumentali all'attività agricola): le scelte locali entreranno in campo solo al momento del saldo.
La prova pratica di questo meccanismo, però, rivela più di un limite. Prima di tutto, la scansione in tre rate è stata limitata all'abitazione principale, anche per evitare eccessive tensioni di cassa nei Comuni (che comunque sono tornati ieri a denunciare il «pasticcio» e a chiedere un incontro urgente al Governo), con il risultato però di escludere dal "beneficio" tutti i versamenti più pesanti, che si concentrano su seconde case, negozi e imprese. Anche nell'abitazione principale, comunque, l'obiettivo di evitare versamenti troppo pesanti dilazionando i versamenti è centrato solo nei casi in cui i Comuni scelgano di non allontanarsi dall'aliquota di riferimento del 4 per mille. Dovrebbe succedere così, per esempio, a Milano, dove di conseguenza ognuno dei tre passaggi alla cassa chiederà al contribuente il 33% dell'imposta totale da pagare nel 2012.
La situazione, però, cambia drasticamente nei casi come quello di Caserta (si veda il grafico in alto), dove le difficoltà finanziarie del Comune hanno imposto di chiedere alle abitazioni principali il 6 per mille: i proprietari casertani, come quelli che abitano negli altri Comuni che alzeranno le aliquote, andranno in conto a due acconti ultra-leggeri, in cui ogni volta pagheranno poco più di un sesto dell'imposta totale, rimandando al saldo il 66% del versamento. In pratica: il proprietario di un trilocale medio dovrà versare a dicembre oltre 280 dei 424,7 euro che gli sono chiesti nel 2012. Un problema simile si incontra negli altri immobili (dove gli aumenti di aliquota saranno anche più frequenti): nelle città dove i Comuni chiederanno il 10,6 per mille, il saldo di dicembre assorbirà in un colpo solo il 65% dell'imposta.
Il problema nasce dalle incertezze di gettito, e quindi di aliquote, che minano tutto l'impianto dell'Imu "corretto" dal Parlamento. Il Governo, con un meccanismo di più che dubbia legittimità costituzionale (ribadita anche dagli organismi tecnici parlamentari), si è dato tempo fino al 10 dicembre per fissare con Dpcm le aliquote definitive di riferimento; per la stessa ragione i Comuni, in deroga alle regole di contabilità che impongono di scrivere bilanci preventivi sulla base di aliquote definitive, potranno rivedere le proprie scelte fino al 30 settembre, cioè tre mesi dopo i termini per chiudere i preventivi.
Per avere il polso dei frutti effettivi dell'Imu, Governo e Parlamento hanno imposto ai versamenti di giugno e settembre l'utilizzo dell'F24, limitando al saldo di dicembre la possibilità di utilizzare il bollettino postale. Resta da capire, peraltro, come si potrà dividere nel bollettino la quota erariale da quella spettante al sindaco: un ostacolo che probabilmente imporrà l'utilizzo di due modelli da parte di ogni contribuente. I piccoli proprietari (Uppi), intanto, si mobilitano e parteciperanno alla manifestazione anti-Imu di domani a Roma.
gianni.trovati@ilsole24ore.com
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