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Questo articolo è stato pubblicato il 12 gennaio 2013 alle ore 14:32.

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Si dice che a volte il troppo stroppia. Fatte le debite proporzioni è un po' quello che sta accadendo con le banche dati a disposizione del fisco per la lotta all'evasione. Nel complesso i database a disposizione dell'amministrazione finanziaria (nelle sue diverse articolazioni) sono 128. A mapparle è stata la commissione di vigilanza sull'Anagrafe tributaria come ultimo atto della legislatura: una sorta di eredità consegnata nelle mani di Parlamento e Governo che verranno dopo le elezioni.

Le criticità
Il documento finale mette in risalto le potenzialità del patrimonio informativo a disposizione del fisco ma anche tutti i limiti che finora hanno impedito al Grande fratello del fisco di decollare. Prima di tutto, la mancata omogeneità dei dati disponibili. Nonostante la mole enorme di bit che affluiscono nei cervelloni informatici, il rischio maggiore è che siano "sporchi". Che cosa vuol dire? Mancano standard omogenei di raccolta e classificazione da parte dei diversi soggetti coinvolti e questo, di fatto, rende difficilmente ricostruibile l'intera vita fiscale di un contribuente. Certo, le quasi duecento pagine di relazione mettono in luce i progressi fatti negli ultimi anni anche sotto questo fronte. La commissione parlamentare si spinge però a chiedere uno scatto: un intervento risolutivo a livello normativo (non necessariamente con una legge ma anche con un regolamento) che fissi una volta per tutti criteri univoci di immissione delle comunicazioni tributarie.

Il problema, però, non è soltanto il "linguaggio" dei dati. C'è un altro nervo scoperto collegato a chi poi materialmente è destinato a immettere le informazioni all'interno dei 128 "scrigni" digitali del fisco. La parola magica evocata da deputati e senatori è «formazione». Personale sempre più preparato sia nell'inserimento che nell'utilizzo, perché è l'incrocio che fa scattare la molla degli accertamenti fiscali ma anche contributivi su chi nasconde la ricchezza all'Erario. È proprio su questo punto che allo stato attuale si crea un vero e proprio collo di bottiglia. Già, perché i dati arrivano, stazionano ma rischiano di rimanere inutilizzati. La relazione è molto esplicita: parcheggiare le informazioni non frutta alcun risultato in termini di maggiori controlli e, quindi, di recupero dall'evasione.

Così come è molto chiara la fotografia sullo stato dell'arte degli adempimenti introdotti negli ultimi anni. Qualche esempio? Comunicazioni Intrastat, per gli scambi con i Paesi a basso prelievo fiscale (black list), spesometro, tanto per citare quelli che hanno creato più grattacapi a professionisti e imprese. Morale della favola: gli obblighi già introdotti bastano e avanzano, anzi la strada per il futuro dovrebbe portare a una semplificazione del sistema e degli oneri sui contribuenti. Il principio dovrebbe essere quello di una maggiore circolazione degli elementi già acquisiti senza chiedere nuovamente lo stessa informazione e tagliando i trasferimenti da soggetti esterni. In un circolo virtuoso, per esempio, in caso di accertamento che varia la rendita catastale di un immobile, il sistema dovrebbe ricalcolare l'Imu dovuta e inviare la comunicazione al contribuente.

Un auspicio per il futuro. Il presente, invece, mostra come la strada sia tutt'altro che semplice. La relazione racconta, infatti, dei controlli effettuati dall'agenzia delle Entrate sulle dichiarazioni sostitutive uniche (Dsu), vale a dire le autocertificazioni per accedere alle prestazioni agevolate per cui si applica l'Isee (l'indicatore che misura la ricchezza del nucleo familiare). Nel campione di circa 120mila modelli "trasmessi" dall'Inps fino a maggio 2012 (e relativi a un arco temporale di quasi due anni), solo il 43% era pienamente controllabile. Per la parte restante, invece, non è stato possibile verificare in parte o in tutto la posizione dei componenti del nucleo familiare. Uno dei motivi è la mancanza degli anni di reddito per i riscontri. Segno evidente che il sistema arriva fino a un certo punto e che gli inceppamenti vanno rimossi per stringere la morsa intorno a finti poveri ed evasori.

Le prossime scadenze
L'altro aspetto da non dimenticare è che l'anno che sta per iniziare vedrà il debutto di almeno tre nuove forme di comunicazioni. Dopo due rinvii "tecnici", entro il 2 aprile le imprese dovranno comunicare i beni concessi in utilizzo ai soci. Qualche settimana dopo arriverà la scadenza per le comunicazioni del nuovo elenco clienti-fornitori che prende il posto dello spesometro: al fisco arriveranno tutte le operazioni per cui c'è l'obbligo di fatturazione senza più la soglia di sbarramento dei 3mila euro (come prevedeva, invece, la precedente versione dello spesometro).

Si tratta di un banco di prova per introdurre semplificazioni per i contribuenti obbligati. Nelle ultime settimane i tecnici stanno ragionando intorno all'idea di introdurre una modalità molto più simile alla dichiarazione.
Il 2013 sarà anche l'anno in cui sulle autostrade telematiche del fisco viaggeranno per la prima volta i dati sui saldi dei conti correnti bancari. Dopo gli stop&go sul provvedimento attuativo dello strumento previsto dal decreto salva-Italia di un anno fa, il via libera del Garante della privacy spiana la strada al primo invio dei dati da parte degli intermediari finanziari. Il termine più probabile, al momento, è la prima metà di aprile.

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