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Questo articolo è stato pubblicato il 25 gennaio 2013 alle ore 08:33.

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Vale quasi quanto la metà dell'ultima legge di stabilità nella versione uscita dal Parlamento. Con il contrasto all'evasione internazionale nel 2012 si è arrivati a oltrepassare la cifra record dei 17 miliardi contro i circa 11 dell'anno precedente. Cui si devono aggiungere i 50 milioni di denaro e titoli sequestrati nel corso dei controlli effettuati dalla Gdf alla frontiera.

È quanto emerge dal bilancio 2012 della lotta all'evasione fiscale anticipato ieri al Sole 24 Ore dal comandante generale Saverio Capolupo.
In generale viene confermato che nel 2012 sono state riscontrate irregolarità nel 32% degli scontrini controllati; gli evasori totali scoperti sono stati 8.600 mentre sono stati nascosti al fisco ricavi per 56,1 miliardi. I dati sull'evasione internazionale confermano, dunque, che la crisi finanziaria ha alimentato la fuga di capitali dall'Italia seguendo una miriade di canali: da quelli più articolati e complessi di "alta finanza" come i trust, le operazioni di transfer pricing o di leveraged buy out ovvero finanziarie con il ricorso a prodotti derivati; a quelli più tradizionali per il solo trasporto di valuta con i classici doppi fondi, i vecchi "spalloni" di professione, il frazionamento delle somme per eludere la soglia di 10mila euro fino all'utilizzo indebito dei più moderni money transfer. L'evasione internazionale resta una vera e propria criticità del sistema e come spiegano dal Comando generale «non è facile da stanare». Spesso ci si trova di fronte a situazioni che solo alla luce del sole «appaiono regolari».

Ma poi ci si accorge che non è così e si arrivano a individuare residenze fittizie all'estero di persone fisiche o giuridiche, stabili organizzazioni occulte di imprese estere nel territorio italiano, nonché operazioni commerciali effettuate con soggetti economici che amano operare in "paradiso", ovviamente fiscale. Il tutto, aggiungono ancora dai vertici delle Fiamme Gialle, accompagnato da manovre elusive finalizzate a ottenere evidenti vantaggi fiscali non spettanti. Non solo. Dalle indagini è emerso che l'evasione e, più in generale, il trasferimento di capitali in paradisi fiscali spesso nasconde operazioni di riciclaggio, il pagamento di tangenti e il reinvestimento di denaro sporco. Con l'attività di intelligence, dunque, supportata dalla collaborazione internazionale e dalle informazioni raccolte dalla rete di esperti all'estero della Gdf, nel 2012 sono stati scoperti ricavi non dichiarati e costi non deducibili per 17,1 miliardi. E di questi 2 miliardi riguardano casi di esterovestizione della residenza di persone fisiche e società, 13,4 miliardi sono relativi a stabili organizzazioni non dichiarate di imprese estere che operano in Italia e 1,7 miliardi sono riconducibili a triangolazioni con Paesi off-shore e altre manovre elusive. Un monte di risorse enorme da erodere cui il Fisco italiano ha però già sottratto 2,5 miliardi frutto delle adesioni integrali ai processi verbali da parte dei contribuenti "pizzicati" all'estero. E c'è anche chi ha iniziato a versare: anche se a rate, in alcuni casi spalmando il proprio debito in 10 anni, sono entrati nella casse dello Stato i primi 106 milioni.

Il bilancio 2012 della Gdf consente di tracciare anche la rotta della fuga dei capitali e le mete più amate dagli evasori nel 2012. Al primo posto c'è il Lussemburgo con 93 casi contestati, seguito a distanza dalla Svizzera (45 casi) che sorpassa di poche lunghezze Gran Bretagna (41 casi) e Usa con 38 operazioni. Più lontani i soliti noti come Principato di Monaco e San Marino fermi a 26 casi. La mappa si conclude con altri 27 Paesi di cui fanno parte i paradisi fiscali presenti nelle black list italiane. Proprio ieri a Davos il premier italiano, Mario Monti, ha incontrato il ministro delle finanze elvetico, Eveline Widmer-Schlumpf. Oggetto dell'incontro i negoziati fiscali in corso fra Roma e Berna. Alcuni dossier sarebbero, secondo fonte svizzera, già conclusi positivamente.

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