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Questo articolo è stato pubblicato il 28 gennaio 2013 alle ore 07:13.

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Il 2011 ha visto la prima applicazione del fondo sperimentale di riequilibrio, alimentato anche dalla compartecipazione Iva da 2,9 miliardi Nel 2012 i bilanci dei Comuni hanno brancolato nel buio fino a ottobre inoltrato, quando sono state fissate le entrate definitive del fondo di solidarietà tra le proteste dei sindaci, che nelle settimane scorse hanno presentato i ricorsi al Tar.

I cittadini se ne sono accorti pagando circa 2 miliardi di euro per l'incertezza fiscale legata al fatto che le amministrazioni, per evitare sorprese nell'attesa che il Governo assegnasse i fondi, hanno alzato le aliquote Imu più di quanto necessario a compensare i tagli. Il 2013 promette di replicare l'esperienza, in forma aggravata anche perché si parte da una pressione fiscale decisamente più pesante di quella con cui ha debuttato il 2012.
L'incognita principale è legata ancora una volta all'Imu. La legge di stabilità ha rivoluzionato l'imposta assegnando ai sindaci l'intero gettito su abitazioni, terreni e negozi, e riservando allo Stato i frutti fiscali degli immobili a uso produttivo (categoria catastale D). Per far quadrare la nuova distribuzione dei proventi dell'Ici con i tagli messi in programma dal decreto di luglio sulla revisione di spesa, la manovra ha dovuto ridisegnare da capo l'intero sistema della finanza locale. In soldoni, il punto interrogativo vale 4,7 miliardi di euro, cioè l'importo del «fondo di solidarietà» che viene alimentato dal gettito dell'Imu locale e che servirà ad aiutare i Comuni in cui il mattone è meno generoso dal punto di vista fiscale. Il meccanismo è «di solidarietà» perché toglie ai Comuni ricchi per dare ai Comuni poveri, ma gli effetti del dare-avere di questo Robin Hood in salsa locale si conosceranno solo ad aprile.

Nessun problema, in teoria, perché quest'anno il termine per scrivere i preventivi scade a fine giugno, quindi ci sarebbe tutto il tempo di vedere come va e su quella base decidere le nuove aliquote. Una soluzione del genere, però, sarebbe troppo semplice per la cervellotica normativa italiana sulla finanza locale: quest'anno, per essere efficaci, le scelte sull'Imu dovranno essere comunque fissate e inviate al dipartimento Finanze entro il 23 aprile, per essere pubblicate sul sito di Via XX Settembre entro il 30 dello stesso mese. Il rinvio dei bilanci a giugno, in quest'ottica, non serve a nulla. Nel 2012 la scadenza era molto più morbida, al 30 novembre, ma ha messo in difficoltà un centinaio di Comuni: facile intuire di conseguenza quanti potranno essere i sindaci spiazzati da un anticipo di otto mesi, previsto tra l'altro in una norma (articolo 13, comma 13-bis del decreto «Salva-Italia» del dicembre 2011) che lo stesso legislatore sembra aver trascurato quando nell'ultima legge di stabilità ha prorogato al 30 giugno il termine per i preventivi.

Che cosa succederà in questi Comuni? Nel 2013, i contribuenti saranno chiamati a pagare con le aliquote dell'anno scorso, che però a differenza dell'anno scorso influiranno anche sull'acconto (nel 2012 è stato pagato in base alle aliquote standard fissate dalla legge nazionale). L'Imu di giugno, insomma, sarà mediamente assai più cara di quella versata 12 mesi prima, vanificando ogni potenziale beneficio dettato dal fatto che il Comune si tiene tutto il gettito senza più dividerlo con lo Stato. Ma non è l'unico rischio: nel 2012 il buio sulle entrate ha spinto in alto le aliquote, e un fenomeno analogo potrebbe ripetersi nel 2013.
La cifra in gioco, come detto, non è modesta, e la distribuzione dei 4,7 miliardi interessa sia i Comuni che dovranno alimentare il «fondo di solidarietà» sia quelli che da lì dovranno pescare. Per capire i "salti" che un bilancio locale può essere costretto a fare in virtù di queste dinamiche, basta guardare la storia recente dei fondi "federalisti" ai Comuni, ricostruita per il Sole 24 Ore dal Centro Studi Sintesi nel ginepraio di norme che hanno regolato i flussi finanziari tra Stato e sindaci negli ultimi due anni.

Nel 2012 i tagli già previsti dalle vecchie manovre e quelli aggiunti dal salva-Italia anche per compensare il maggior gettito Imu rispetto all'Ici hanno portato il fondo di riequilibrio a quota 6,8 miliardi, con una riduzione del 39,4% rispetto al 2011. L'effetto finale, però, varia dal meno 12-15% registrato a Crotone, Napoli o Cosenza al meno 82-92% incontrato da Padova, Siena o Roma. Nel 2013 le risorse per il riequilibrio (ora «solidarietà») si riducono ancora del 31% e la loro assegnazione fra i singoli Comuni è ancora tutta da costruire.

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