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Questo articolo è stato pubblicato il 25 marzo 2013 alle ore 06:42.

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A CURA DI
Antonio Iorio
Il Fisco continua a bussare alla porta di società estinte, notificando atti impositivi a soggetti cancellati dal registro imprese. Con la conseguenza che l'unica difesa è avviare il contenzioso per ottenere la nullità dell'atto.
Gli effetti della cancellazione
In seguito alle modifiche del diritto societario, la cancellazione di una società dal registro imprese ne comporta l'estinzione. Questa circostanza produce la perdita della personalità giuridica e vengono meno, da quel momento, diritti e doveri, a prescindere dall'eventuale esistenza di rapporti non definiti.
Già nel 2010 tre sentenze delle Sezioni unite della Cassazione (4060, 4061 e 4062 del 2010) avevano precisato che la cancellazione comporta l'estinzione sia delle società di capitali, sia di persone. Ancora le Sezioni unite il 12 marzo scorso hanno chiarito che i soci subentrano nei rapporti debitori e creditori della società, ma sono loro (e soltanto loro) «la giusta parte» a cui notificare gli atti (sentenze 6070, 6071 e 6072).
In base all'articolo 2495 del Codice civile, ferma restando l'estinzione della società, dopo la cancellazione, i creditori sociali non soddisfatti possono far valere i loro crediti nei confronti dei soci, fino alla concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione, e nei confronti dei liquidatori, se il mancato pagamento è dipeso da colpa di questi.
La domanda proposta entro un anno dalla cancellazione può essere notificata presso l'ultima sede della società.
Nonostante queste pronunce e il contenuto della norma appena citata, alcuni uffici locali dell'agenzia delle Entrate continuano a comportarsi diversamente. È quanto avvenuto, ad esempio, a Brescia. A ottobre scorso è stato notificato un accertamento intestato a una Snc cancellata dal registro imprese già nel giugno 2008, con tanto di indicazione di codice fiscale dell'impresa (cessata). Ai soci invece è stata notificata la rettifica dei redditi attribuiti quota parte per trasparenza, proprio come se la società fosse stata perfettamente operante.
La tesi dell'ufficio
Nel corso dell'adesione, avviata dagli ex soci, anche per evitare il contenzioso, veniva rilevato che, verosimilmente, l'accertamento alla società cancellata era «inesistente» secondo i dettami del Codice civile e della Suprema corte. L'ufficio, invece, sottolineava che una simile interpretazione era errata, perché il principio trova applicazione solo ed esclusivamente per le società di capitali. Infatti – a parere dell'ufficio – quanto espresso dalle Sezioni unite nelle sentenze del 2010, in riferimento alle società di persone, è solo una «presunzione» e la società «potrebbe mantenere la propria capacità processuale pur a fronte della perdita sostanziale della propria legittimazione». Dunque secondo l'amministrazione finanziaria il soggetto inesistente può comunque operare in giudizio.

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