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Questo articolo è stato pubblicato il 19 giugno 2013 alle ore 16:37.

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La solidarietà negli appalti cancellata soltanto per l'Iva

La responsabilità solidale fiscale negli appalti privati resta per le ritenute di lavoro dipendente che il subappaltatore e l'appaltatore debbono versare all'erario in ragione delle prestazioni realizzate.

Questa situazione, che dovrà essere confermata dal testo definitivo del decreto approvato dal Consiglio dei ministri del 15 giugno, fa risorgere, almeno in parte le preoccupazioni che sul tema le imprese avevano manifestato nei mesi scorsi. In parte perché le modifiche appena apportate sollevano appaltatori e committenti dagli obblighi con riferimento all'Iva. Certamente, però, anche con questa limitazione gli appaltatori e i committenti per evitare rispettivamente l'applicazione di una responsabilità solidale (subappaltatore-appaltatore) o di una "responsabilità sanzionatoria" (committente-appaltatore) devono acquisire la documentazione ovvero devono ottenere un'asseverazione da parte di professionisti abilitati ovvero (come ha interpretato l'agenzia delle Entrate con la circolare 40/E/2012) devono ottenere dal fornitore un'apposita autocertificazione che attesti che il prestatore del servizio abbia regolarmente effettuato le ritenute di lavoro dipendente.

È auspicabile che l'adempimento che non è certamente di facile realizzazione e, come più volte sottolineato, di poca utilità venga soppresso e possibilmente sostituito con un'attività di controllo preventivo delle autorità pubbliche.
A dire il vero questa forma di responsabilità solidale era già prevista dalla versione originaria del decreto legge 223/2006, anche se, all'epoca la norma era naufragata per effettiva impraticabilità.

Anche nel 2006, infatti, la responsabilità solidale veniva meno con l'acquisizione da parte dell'appaltatore, prima del pagamento del corrispettivo, della documentazione che comprovava il corretto adempimento da parte del subappaltatore. Per l'individuazione dell'idonea documentazione la norma rinviava a un decreto ministeriale, decreto che è stato emanato nel 2008 (Dm 74 del 25 febbraio 2008). Successivamente le norme che definivano l'attuazione dell'adempimento e lo stesso decreto sono stati abrogati dall'articolo 3, comma 8 del Dl 97/2008.

A proposito del decreto 74/2008 è interessante notare che il legislatore dell'epoca aveva previsto un F24 specifico per ogni appalto. Pertanto l'appaltatore avrebbe dovuto ricevere dal subappaltatore un F24 per ogni appalto che aveva in piedi con lui e, di fatto, in questo modo poteva (anche in quel caso solo in modo forfettario) verificare se il versamento delle ritenute era coerente con il numero di lavoratori impiegati nel relativo appalto. L'F24, inoltre, era comunque accompagnato da un'autocertificazione del subappaltatore.

La situazione attuale è più complicata, in quanto la norma non prevede alcuna forma di versamento dedicato. Pertanto, nell'attuale quadro normativo sia l'appaltatore che il committente devono acquisire una documentazione ovvero un'autocertificazione dal rispettivo fornitore con riferimento all'appalto.

È chiaro che la soluzione che si può scegliere è quella di acquisire l'autocertificazione (ammessa dall'agenzia delle Entrate). Nell'autocertificazione comunque dovrà comparire, come ribadito da ultimo da Assonime nella circolare 18 del 12 giugno 2013, l'indicazione del periodo nel quale le ritenute sui redditi di lavoro sono state versate, mediante scomputo totale o parziale; l'indicazione degli estremi del modello F24 con il quale le ritenute, non scomputate, sono state versate.

È importante, inoltre, prevedere specifiche clausole contrattuali per evitare che il fornitore subappalti senza autorizzazione il lavoro. Infine è necessario, acquisire informazioni sul fornitore per evitare di essere coinvolto in comportamenti fraudolenti.

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