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Questo articolo è stato pubblicato il 07 agosto 2013 alle ore 19:09.

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Luciano Moggi (Ansa)Luciano Moggi (Ansa)

Malgrado i tanti anni passati nel mondo del calcio, l'ex direttore sportivo della Juventus Luciano Moggi in Cassazione schiera una difesa debole, tanto da indurre i giudici a considerare inammissibile il ricorso fatto per ottenere la revoca della radiazione collegata all'inchiesta su "Calciopoli".

Nella sentenza n. 18753 depositata il 7 agosto, la Suprema Corte di Cassazione è costretta a ricordare all'ex dirigente bianconero che il ricorso deve essere scritto in modo tale da mettere i giudici di legittimità nella condizione di avere una chiara e completa «cognizione dei fatti che hanno originato la controversia e dell'oggetto dell'impugnazione, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti in suo possesso compresa la stessa sentenza impugnata». Nel ricorso presentato, invece, i fatti mancavano del tutto e i giudici non hanno gradito l'invito, se volevano conoscerli, ad andarli a leggere nel fascicolo presentato al giudice amministrativo e regolamente depositato insieme al ricorso.

Luciano Moggi non riesce neppure a giocare la partita con la Cassazione e incassa una sconfitta a tavolino, in quella che doveva essere l'ultima spiaggia. Il Consiglio di Stato, dichiarando peraltro la sua incompetenza, aveva respinto la richiesta di sospendere il provvedimento con cui, il 4 aprile 2012, l'alta Corte di giustizia del Coni aveva confermato il divieto per 5 anni alla permanenza in qualsiasi rango o categoria della Figc e l'ammenda di 50 mila euro per aver violato l'articolo 6 comma 1 del Codice di giustizia sportiva sul divieto di scommesse e l'obbligo di denuncia. A suo tempo Moggi aveva chiesto anche il riconoscimento di un danno all'immagine per decisioni prese in contrasto con le norme della Convenzione europea dei diritti dell'Uomo.

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