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Questo articolo è stato pubblicato il 27 ottobre 2013 alle ore 15:00.
L'ultima modifica è del 27 ottobre 2013 alle ore 15:50.

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I dati della lista Falciani non possono assumere valore probatorio in sede di contenzioso tributario se manca il logo e la dimostrazione che provengano da una banca svizzera. È questo l'elemento caratterizzante della sentenza 62/1/2013 della Commissione tributaria provinciale di Varese, che ha bocciato l'utilizzabilità in sede di accertamento fiscale della lista Falciani.

La vicenda
Nel 2009 le autorità francesi venivano in possesso di tutta la documentazione che il tecnico informatico Hervè Falciani aveva abusivamente sottratto dal database della filiale ginevrina della Hsbc. Le schede di sintesi individuali (fiches) di circa 300mila stranieri che detenevano denaro in Svizzera. Fra questi circa 6mila italiani sui quali, a seguito della trasmissione della documentazione fra stati nel rispetto della cooperazione in materia fiscale, sono confluite le indagini della Guardia di Finanza, con successive relative contestazioni sia di ordine fiscale che di natura penale. Il problema che si è posto davanti alle singole autorità competenti è stato quello della utilizzabilità ai fini probatori dei dati contenuti nella lista Falciani, sulla cui natura illegale nessuno poteva nutrire dubbi. In sede penale era a suo tempo intervenuta la Cassazione (sentenza 38753 del 2012) che aveva sancito l'utilizzabilità della lista, salvo che venga data prova della effettiva illegittimità della acquisizione originaria (suggerendo di fatto la produzione della sentenza con la quale le autorità francesi ne hanno sancito l'illiceità).

Orientamenti controversi
In sede fiscale, invece, le varie Commissioni tributarie si sono espresse in maniera difforme. Secondo un orientamento minoritario (fra tutte Ctp Verbania 15/01/2013), la lista trasmessa dalle autorità francesi avrebbe piena valenza probatoria sulla scorta delle direttive emesse nell'ambito della collaborazione internazionale e dei principi sanciti dalla convenzione sulle doppie imposizioni. Di contro, per l'orientamento maggioritario (tra tutte la Ctr Lombardia n. 11 del 28 gennaio 2013) alla base del trasferimento di informazioni fra le amministrazioni nazionali vi è un reato, e ciò basta per rendere i documenti trasmessi inutilizzabili.

La decisione della Ctp Varese
I giudici di Varese sono andati oltre. Dopo aver rilevato l'illegittimità della procedura di acquisizione dei dati posti a supporto della pretesa fiscale, hanno sottolineato come manchi nella documentazione prodotta il logo Hsbc o comunque una scritta che sia, senza alcun dubbio, riconducibile alla banca Hsbc. Per la Commissione provinciale di Varese, dunque, la scheda cliente, comunque entrata nella disponibilità della Guardia di Finanza e posta a base dell'accertamento tributario, altro non è che una stampata cartacea di un documento informatico relativo ad una banca dati. Senza ulteriori elementi di riscontro non vi è la prova che la stessa sia riconducibile alla banca Hsbc di Ginevra. Ribadendo i requisiti stabiliti dall'articolo 234 del Codice di procedura civile che devono essere rispettati affinché un qualunque documento scritto possa avere valenza probatoria, i giudici hanno concluso per l'inutilizzabilità delle cosiddette fiches Hsbc, anche in considerazione del fatto che nel processo verbale di contestazione non era (e non poteva essere) precisato come erano stati raccolti i dati contenuti nel sistema informatico della banca.

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