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Questo articolo è stato pubblicato il 18 novembre 2013 alle ore 13:20.

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Regime Iva del charge-reverse ai compro-oro anziché quello del margine. Purché gli oggetti di gioielleria ed oreficeria d'oro siano stati comprati da privati e solo per essere fusi, pagati in base al peso e non al pregio, ed infine e venduti esclusivamente alle fonderie. Questo perché questi beni vanno inclusi nella categoria dei beni oggetto di cessione di oro industriale ai quali si applica l'inversione contabile. È quanto emerge dalla sentenza 216/5/13 della Ctp Cagliari (presidente Lai, relatore Galdiero).

La controversia scaturisce da una verifica del 2011 sul tipo di attività effettivamente svolta da un compro-oro" ed il suo corretto inquadramento ai fini Iva per il 2006. Secondo l'amministrazione l'impresa ha svolto la compravendita di oggetti di gioielleria ed oreficeria d'oro usati, con acquisto da privati, successiva vendita nei confronti di soggetti terzi nello stato in cui i beni sono stati acquistati e senza effettuare alcuna lavorazione. Pertanto ai fini Iva l'impresa è inquadrabile nel regime speciale del margine, Iva dovuta dal cedente e margine per il calcolo della base imponibile (articoli dal 36 al 40 del Dl 41/1995).

Di diversa opinione è l'impresa accertata. L'attività riguarda sì la compravendita da privati di oggetti di gioielleria ed oreficeria d'oro usati, che vengono però venduti a favore di società tutte operatrici professionali nel mercato dell'oro. Quindi regime del "charge reverse", imposta dovuta dal cessionario con integrazione della fattura emessa dal cedente priva dell'addebito dell'imposta (articolo 17, comma 5, del Dpr 633/1972). Le due diverse opinioni finiscono anti la Ctp, la quale dà ragione al contribuente.

Il giudice richiama la nuova disciplina sul mercato dell'oro (legge 7/2000). La disposizione regola il settore distinguendo tra cessione da investimento (lingotti, monete, etc.) e cessione industriale (definizione residuale, tutto quello che non rientra nell'oro da investimento). La vendita di oggetti di gioielleria ed oreficeria d'oro usati – secondo il giudice – può essere assimilata alla cessione di oro industriale trattandosi di (rottami di) gioielli d'oro, e, così come per l'oro da investimento, pure ad essa si applica il meccanismo dell'inversione contabile.

In primo luogo per l'aspetto oggettivo, perché i beni ceduti non sono di per sé suscettibili di utilizzazione da parte del consumatore finale. In secondo luogo per l'aspetto soggettivo, perché il cessionario non li destina, né potrebbe destinarli, al consumo finale, ma li impiega in un processo intermedio di lavorazione e trasformazione. Anche perché, se la definizione di oro da investimento risulta essere molto analitica, quella di oro industriale risulta essere molto ampia, trattandosi di una nozione residuale.

Nel caso concreto - conclude il giudice – va applicato il meccanismo del charge-reverse in quanto la contribuente ha documentalmente provato intanto di aver acquistato beni solo per essere fusi e di averli pagati in base al peso e non al pregio. Poi di non averli rivenduti liberamente a privati quali beni usati, ma esclusivamente in favore di determinanti soggetti. Solo la cessione a favore di privati avrebbe comportato l'applicazione del regime del margine, ma ciò non risulta essere avvenuto nel periodo oggetto dell'accertamento.

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