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Questo articolo è stato pubblicato il 23 gennaio 2014 alle ore 16:16.
L'ultima modifica è del 23 gennaio 2014 alle ore 18:17.

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I debiti Inps e Inail non rientrano nella rottamazione delle cartelle esattoriali, in quanto tali istituti non possono considerarsi uffici dell'amministrazione statale in senso stretto. Gli accertamenti esecutivi, invece, sono inclusi nella "rottamazione", a condizione che le relative somme siano state affidate entro il 31 ottobre scorso. Lo ha precisato una direttiva interna di Equitalia spa.

L'esclusione per Inps e Inail si basa sostanzialmente su un'interpretazione dell'agenzia delle Entrate (comunicato del 28 febbraio 2003). È da ritenere che la decisione di Equitalia sia supportata anche da altre autorevoli interpretazioni istituzionali: in caso contrario, lascia fortemente perplessi il fatto che una società per azioni, ancorchè pubblica, restringa autonomamente il perimetro della sanatoria decisa dal legislatore. Tanto più che in ogni occasione Equitalia non manca (condivisibilmente) di evidenziare di non avere alcuna discrezionalità.

Né il comunicato stampa delle Entrate appare sufficiente a motivare la scelta di Equitalia: risale a 11 anni fa ed è riferito a una norma differente da quella attuale. In passato, infatti, l'Agenzia, sulla rottamazione dei ruoli prevista dalla legge 289/2002, aveva specificato che per uffici statali dovessero intendersi solo i ministeri e non anche gli enti di previdenza, in quanto anche nel Dlgs 46/99 sulla riforma della riscossione a mezzo ruolo gli istituti previdenziali e assistenziali erano considerati a sé stanti.
La "rottamazione", a quel tempo, consentiva di abbattere – anche di molto – il debito iscritto a ruolo, quindi un'eventuale inclusione dei contributi previdenziali e simili avrebbe di fatto esteso il condono fiscale previsto dalla legge 289/2002 anche alla materia previdenziale e assistenziale.

L'attuale definizione invece è decisamente differente.
Da notare, peraltro, che anche la stessa Agenzia, a rigore, non ha alcuna competenza sull'individuazione del perimetro degli uffici statali richiamati dalla norma. Quindi, certamente l'interpretazione ora espressa da Equitalia avrà avuto l'avallo dei massimi organi consultivi istituzionali.

Occorre in ogni caso essere consapevoli che l'esclusione dei contributi previdenziali rende ulteriormente priva di appeal una definizione cui, molto probabilmente, aderiranno pochi soggetti. È prevedibile quindi un deciso insuccesso di questo istituto che a questo punto mal si comprende per quale ragione sia stato voluto dal legislatore. Infatti, come ricorda anche la direttiva Equitalia, il pagamento degli importi dovuti (imposte, sanzioni e aggio della riscossione) va eseguito in un'unica soluzione (entro il 28 febbraio 2014).
A fronte di un pagamento così a breve scadenza il risparmio riguarda i soli interessi per ritardata iscrizione a ruolo e di mora. Questa scelta pone, come evidenziato da più parti, il serio dubbio che chi l'abbia ispirata abbia voluto escludere a priori i debitori di somme di una certa rilevanza oppure non abbia idea della crisi finanziaria che interessa gli imprenditori. Si dimentica forse che vari contribuenti non hanno versato l'Iva lo scorso anno per attendere la cartella di pagamento tra qualche mese da parte di Equitalia (aggravandosi di sanzioni piene, aggi e interessi), pur di accedere ad una rateazione a 72/120 rate.
Da segnalare, infine, per gli accertamenti esecutivi che la data del 31 ottobre che consente la definizione riguarda l'affidamento delle relative somme ad Equitalia da parte dell'agenzia delle Entrate e non l'emissione dell'atto di accertamento.

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