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Questo articolo è stato pubblicato il 25 gennaio 2014 alle ore 11:51.

Ma ciò, sappiamo, non è tutto, perché è in cantiere un nuovo intervento governativo in materia che, trascurando elaborazioni di più ampia portata (come ad es. il lavoro compiuto dalla Commissione Vaccarella voluta dallo stesso Ministro della Giustizia), è destinato a effettuare l'ennesimo rimaneggiamento del processo civile, peraltro contemplando, accanto a misure condivisibili come la possibilità per gli avvocati di autenticare le copie degli atti processuali, soluzioni giuridicamente inaccettabili.

Basti al riguardo solo rammentare, tra le altre, la stesura della motivazione completa della sentenza a richiesta e previo pagamento del contributo unificato dovuto per l'eventuale impugnazione (come se la conoscenza delle motivazioni abbia valenza solo per l'appello); la possibilità nel secondo grado di motivare la decisione, semplicemente richiamandosi alla motivazione del provvedimento impugnato; o, ancora, la previsione nei casi di condanna per lite temeraria della responsabilità dell'avvocato in solido con la parte. Quest'ultima è una norma che contrasta con il principio per cui l'avvocato non si identifica con gli interessi del cliente; essa introduce un elemento di confusione tra i ruoli e rappresenta l'ennesima dimostrazione dell'intollerabile pregiudizio nei confronti della categoria forense, quasi fosse la causa di ogni male!

Perseverare nella direzione tracciata da queste misure significa condurre pervicacemente un'azione demolitoria del diritto di accesso del cittadino alla Giustizia, ma è anche mortificante per avvocati e magistrati, le cui rispettive funzioni – non lo si afferma mai abbastanza – non possono essere valutate solo attraverso parametri economico-aziendali.

Il punto è, dunque, se oggi la Giustizia sia ancora un diritto. Quando il servizio giudiziario diviene eccessivamente lento, tale diritto è negato. Ma la possibilità che la Costituzione dà di "agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi" è negata anche quando il costo imposto per rivolgersi al giudice supera un livello accettabile e si trasforma in un fattore rilevante di dissuasione o, come accade, è finalizzato a rimpinguare le casse dello Stato e a sostenere settori della pubblica amministrazione che tra l'altro nulla hanno a che vedere con la Giustizia.
Il senso di frustrazione che pervade chi deve attendere per anni la conclusione di un processo non è perciò così diverso dal disagio a dall'insoddisfazione che nasce dal fatto di essere limitati nella possibilità di far valere le proprie istanze di giustizia.

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