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Questo articolo è stato pubblicato il 25 gennaio 2014 alle ore 11:51.

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La reintroduzione – sia pure con un'efficacia temporanea (4 anni) – della norma che, nei casi previsti, attribuisce all'esperimento del procedimento di mediazione il carattere di condizione di procedibilità della domanda giudiziale, ha comportato negli ultimi mesi dello scorso anno una ripresa importante delle attività dell'Organismo di Mediazione dell'Ordine, in precedenza fortemente rallentate per effetto della sentenza della Corte Costituzionale del 2012. Devo dire che permangono perplessità sul tema dell'obbligatorietà, anche se si può rilevare che la previsione del primo incontro tra le parti dovrebbe permettere in modo più immediato il confronto tra le parti e la verifica della sussistenza di spiragli per una soluzione concordata delle liti. Ritengo che potremo vedere in breve tempo se sarà possibile registrare un incremento dei modesti effetti prodotti nei primi anni di vigenza della mediazione (indicativamente solo il 9% dei procedimenti si sono conclusi con un accordo e al raggiungimento di tale risultato hanno concorso principalmente le mediazioni volontarie).

Si può d'altra parte osservare come nella rinnovata disciplina sia stato riconosciuto un importante ruolo agli avvocati, innanzitutto per garantire attraverso l'assistenza tecnica obbligatoria un'adeguata tutela delle posizioni giuridiche delle parti coinvolte nel procedimento di mediazione.
Ma lo stesso vale anche per il conferimento di diritto agli avvocati della veste di mediatore. Si tratta di una previsione quest'ultima che, pur non impedendo ad altri soggetti di assumere tale ruolo, pone quale elemento distintivo per l'azione del mediatore il possesso delle competenze giuridiche insite in chi è abilitato a esercitare la professione forense.

Mi pare dunque che l'applicazione negli scorsi anni delle norme in materia abbia fatto emergere con evidenza la necessità, sottolineata ripetutamente dall'Avvocatura, di assicurare maggiori garanzie nel procedimento di mediazione, non potendo dare per scontato che vi sia nelle parti del procedimento la consapevolezza della natura e della portata dei diritti e degli interessi in discussione.

In risposta a tali esigenze e al fine di promuovere la diffusione degli strumenti alternativi di risoluzione delle controversie è intervenuta anche la riforma dell'ordinamento professionale forense che prevede specificamente, tra i compiti e le prerogative attribuiti agli Ordini, la possibilità di costituire camere arbitrali, di conciliazione e organismi destinati ad operare nel settore. In linea con la norma, dopo aver istituito anni fa l'Organismo di conciliazione, l'Ordine ha istituito anche la propria Camera Arbitrale nella quale noi avvocati possiamo e dobbiamo esprimere il patrimonio professionale che ci appartiene, riappropriandoci di aree di attività connaturate alle peculiarità che la professione forense da sempre detiene e che consentono di fornire anche in questo campo un servizio di eccellenza in favore della collettività.

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