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Questo articolo è stato pubblicato il 02 febbraio 2014 alle ore 17:57.
L'ultima modifica è del 02 febbraio 2014 alle ore 18:07.

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(Corbis)(Corbis)

Nessun risarcimento da paternità indesiderata all'uomo ingannato. Chi si fida ciecamente delle rassicurazioni della partner sull'impossibilità di gravidanze non può lamentare la violazione del principio del neminem laedere se diventa padre contro la sua volontà. A maggior ragione se omette ogni tipo di precauzione, a prescindere da quello che dice o sostiene la donna. E così, mentre il legislatore affina la tutela dei figli nati fuori e dentro il matrimonio, nei tribunali si fanno avanti questioni giuridiche nuove nell'ambito di un filone ormai sempre più dibattuto: i padri per forza.

La pronuncia napoletana
La sentenza 3650 della Corte d'appello di Napoli, sezione civile IV bis, depositata il 21 ottobre 2013, ha escluso categoricamente qualsiasi giustificazione nei confronti di un uomo, pronto ad assumersi gli oneri economici nei confronti del figlio, che chiedeva l'indennizzo dei danni subiti per effetto di una paternità «indotta con artifici e raggiri dalla madre del bambino».
La donna – mentendo sul suo ciclo ovulatorio – avrebbe cercato un rapporto sessuale nel momento di massima fertilità, rimanendo incinta alla prima e unica occasione di intimità tra i due.
Secondo i giudici napoletani non può parlarsi di «concepimento avvenuto contro la volontà» quando l'uomo - «portatore di un così forte e intenso desiderio di non procreare» - ha la capacità cognitiva e la possibilità di prendere le necessarie misure idonee a evitare le indesiderate conseguenze delle sue azioni.

Il precedente della Cassazione
Di nuovo i giudici mettono un padre davanti al «principio della responsabilità che necessariamente accompagna ogni comportamento potenzialmente procreativo» sulla scia dell'articolo 30 della Costituzione. Lo ha recentemente fatto anche la Cassazione (sentenza 21882/2013), ricordando che, nell'ipotesi di nascita per fecondazione naturale, la paternità è attribuita come conseguenza giuridica del concepimento, sicché è «esclusivamente decisivo l'elemento biologico e nessuna rilevanza può attribuirsi al ‘disvolere' del presunto padre». Nel caso deciso dalla Cassazione è stata respinta la tesi ardita di un uomo, in base alla quale la madre del bambino si era procurata artificiosamente il suo sperma, non avendo mai avuto con lei rapporti sessuali. E la tesi è stata ritenuta talmente ardita, da costargli anche la condanna per lite temeraria.
Però, il tema della paternità estorta, come si vede, ricorre ciclicamente nelle aule di giustizia, ad opera dei numerosi padri che rivendicano il diritto a una «paternità cosciente». Posizione giuridica finora garantita sempre in maniera indiretta e derivata. Come nel il risarcimento da nascita indesiderata anche al padre per l'omessa diagnosi di malformazione del feto da parte del sanitario, possibile di riflesso in virtù del diritto materno a esercitare o meno l'aborto; o l'inopportunità di una dichiarazione giudiziale di paternità del bambino non voluto, del quale si salvaguarda l'interesse affettivo-educativo-psicologico a un genitore amorevole e presente piuttosto che l'interesse patrimoniale del mantenimento di un genitore ostile.

Alla ricerca del risarcimento
La nuova frontiera giurisprudenziale alla quale si aspira ora è quella pioneristica del risarcimento da "incastro" a carico della donna che pondera e premedita la gravidanza "a danno" del partner (occasionale o fisso). Una fattispecie per la quale c'è addirittura chi intravede tutti gli elementi costitutivi del reato di truffa (articolo 640 del Codice penale). Il padre napoletano intanto sta preparando il suo ricorso in Cassazione; sarà interessante seguire la vicenda e vedere cosa partorirà… la giurisprudenza.

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