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Questo articolo è stato pubblicato il 23 febbraio 2014 alle ore 15:07.
L'ultima modifica è del 24 febbraio 2014 alle ore 19:59.

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La recente approvazione della legge di conversione del decreto 146 svuota-carceri, poi convertito in legge con testo pubblicato sulla gazzetta ufficiale di venerdì 21 febbraio. Una delle misure più innovative riguarda i braccialetti elettronici che da adesso in poi saranno la regola e non più l'eccezione. Prima il giudice nel disporre i domiciliari, lo prescriveva solo se necessario. Si rovescia quindi l'onere motivazionale senza ulteriore aggravio per le forze di polizia. Ma con un aggravio sicuro per le casse dello stato. Ecco perché

Introdotto nel 2001 e presentato come una grande innovazione, il braccialetto elettronico non ha mai avuto molta fortuna, anzi, tante sono state le polemiche circa il suo utilizzo e i suoi costi. Per usare le parole della Corte dei Conti: «Una reiterata spesa anti-economica e inefficace». Fece sorridere poi la dichiarazione di Francesco Cirillo, vice-capo della Polizia, che nel 2011, durante un'audizione alla commissione Giustizia del Senato, commentò così il contratto con Telecom: «Se fossimo andati da Bulgari avremmo speso di meno». Il braccialetto elettronico è un dispositivo collocato alla caviglia o al polso del carcerato, capace di inviare impulsi radio a un'unità di sorveglianza locale (Smu), simile a una radiosveglia, installata nell'abitazione del detenuto che, grazie ad una linea telefonica, invia segnalazioni alla centrale operativa di Telecom Italia, che gestisce la manutenzione dell'intero sistema.

L'ex guardasigilli
L'ex ministro della Giustizia Annamaria Cancellieri a proposito dei costi elevati dei braccialetti ha dichiarato che «lo Stato spende una cifra considerevole e la piattaforma dei costi che è sempre in uso è notevole. Allora dobbiamo decidere una volta per tutte se usarlo o no». Poi conclude: «Non lo dico io ma Strasburgo ci chiede di usare strumenti elettronici di controllo. Proviamoci e se non saranno necessari bisognerà dire con forza che non vanno, ma qualcuno dovrà assumersi questa responsabilità».

L'audizione del capo della Polizia
Nella convenzione da cento milioni di euro stipulata tra ministero dell'Interno e Telecom Italia, 9 milioni riguardano i braccialetti elettronici. Nel corso di una recente audizione il capo della polizia , il prefetto Alessandro Pansa, ha offerto dati precisi e un ammonimento sul «sistema attuale davvero costoso», con «cifre esagerate». «Negli ultimi tempi, grazie alla grande attenzione posta su questo tema, siamo arrivati a 90 apparecchiature utilizzate, mentre fino a poco tempo fa erano, al massimo, una quindicina». «La convenzione attuale» con Telecom, iniziata nel 2001, e «che siamo costretti a utilizzare, ci consente di impiegare un numero massimo di 2mila dispositivi».

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