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Questo articolo è stato pubblicato il 13 maggio 2014 alle ore 13:30.
L'ultima modifica è del 13 maggio 2014 alle ore 13:43.

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«Si tratta di una decisione deludente per i motori di ricerca e per gli editori online in generale. Siamo molto sorpresi che differisca così drasticamente dall'opinione espressa dall'avvocato geenerale della Corte di giustizia europea e da tutti gli avvertimenti e le conseguenze che lui aveva evidenziato. Adesso abbiamo bisogno di tempo per analizzarne le implicazioni». Questa la replica rilasciata al Sole 24 Ore da un portavoce di Google.

Peraltro - e questo è alquanto insolito - nelle sue conclusioni del 25 giugno 2013, l'avvocato generale Jääskinen aveva suggerito alla Corte Ue di decidere nel senso che i fornitori di servizi di motore di ricerca non sono responsabili, ai sensi della direttiva sulla protezione dei dati, del fatto che nelle pagine web che essi trattano compaiano dati personali. Ma a quanto abbiamo visto la Corte ha deciso in senso opposto.

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