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Questo articolo è stato pubblicato il 22 maggio 2014 alle ore 18:14.
L'ultima modifica è del 24 maggio 2014 alle ore 12:10.

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Le tensioni pre-elettorali non fanno bene alla Tasi: nel consiglio dei ministri il Governo ha deciso di non decidere la nuova data per l'acconto nei Comuni (l'ampia maggioranza) in cui non sono state decise le aliquote, mentre il Nuovo Centrodestra, componente essenziale della maggioranza di Governo, propone di cambiare di nuovo le regole: «Chiediamo - ha spiegato Sacconi - di abbassare il tetto di aliquota dal 2,5 al 2 per mille: ne va della sopravvivenza della coalizione».

Tutto l'impianto della Iuc, la nuova «imposta unica comunale» formata da Imu, Tasi e Tari (tributo sui rifiuti) e disegnata dalla legge di stabilità prima dei correttivi appena portati dal «salva-Roma» ter, sembra insomma sul punto di tornare nel frullatore delle modifiche. Ad alimentare la polemica è sempre il solito problema "genetico": in molti Comuni, la Tasi sull'abitazione principale costerà più dell'Imu 2012, e in tutti i casi in cui i sindaci non prevedono detrazioni (Novara, Mantova, Livorno, e tanti Comuni medio-piccoli), alla cassa andranno anche i proprietari di abitazioni di valore fiscale modesto, che non hanno mai pagato né Ici né Imu grazie alle vecchie detrazioni.

L'incertezza, comunque, regna sovrana. Nei Comuni ancora privi di aliquote (circa 6.500 su 8.050) le regole in vigore chiedono ai proprietari di immobili diversi dalle abitazioni principali di pagare il 16 giugno un acconto basato sull'aliquota standard dell'1 per mille. Una richiesta spesso impossibile, perché nei tre milioni di case date in affitto una quota della Tasi dovrebbe essere pagata dagli inquilini e non esiste un parametro standard per quantificarla, e comunque ingiusta, perché costringerebbe molti contribuenti ad anticipare una parte di imposta non dovuta, perché molti Comuni potrebbero decidere di esentare larghe fette di proprietari dal nuovo tributo (soprattutto dove l'Imu è già al massimo del 10,6 per mille e quindi la Tasi non può di fatto essere applicata). Il problema non riguarda i proprietari di abitazione principale, perché per loro l'assenza della delibera comunale farebbe spostare l'intero pagamento al saldo di dicembre.

Per questa ragione, dopo parecchi tira e molla, il Governo ha annunciato nei giorni scorsi una proroga che sposta «da giugno a settembre» l'acconto per i proprietari di seconde case, negozi, capannoni e così via. Un comunicato, però, non fa legge, e serve un decreto, che l'ultimo consiglio dei ministri prima delle Europee di domenica ha deciso di non varare. Se ne parlerà dopo le elezioni, ma nel frattempo le incertezze aumentano: nei giorni immediatamente successivi al comunicato, il «settembre» annunciato dal ministero dell'Economia si è già trasformato nel «16 ottobre» evocato dal presidente dell'Anci Piero Fassino, e soprattutto non è chiaro se la nuova data interesserà anche i proprietari di abitazione principale: trasformando paradossalmente una proroga in un anticipo rispetto alle regole attuali, che per loro fissano appunto la data del 16 dicembre quando manca la delibera locale.

In questo quadro agitato piomba ora l'attacco del Nuovo Centrodestra, che chiede addirittura un cambio di regole in grado di mandare al macero le 1.400 delibere che nonostante tutto i Comuni hanno già approvato. La proposta, che potrebbe presto trasformarsi in un emendamento al decreto Irpef in discussione al Senato, e soprattutto in una grana difficile da gestire nella maggioranza, è quella di tagliare dal 2,5 al 2 per mille il tetto massimo di aliquota previsto per la Tasi di quest'anno. «Per i Comuni che hanno già deliberato un'aliquota superiore - riflette Sacconi - è sufficiente adeguare la seconda rata di conguaglio», ma è ovvio che tutti i conti sarebbero da rifare, e la fragile impalcatura della Tasi ballerebbe pericolosamente.

Intanto domani scade il termine entro il quale i Comuni devono approvare le delibere per far scattare gli acconti di giugno. Il quadro completo, però, si conoscerà solo il 1° giugno, perché le decisioni locali devono essere pubblicate nel censimento ufficiale del ministero delle Finanze entro la mezzanotte del 31 maggio: oggi nel database sono state pubblicate 207 delibere comunali.

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