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Questo articolo è stato pubblicato il 03 giugno 2010 alle ore 09:26.
L'ultima modifica è del 03 giugno 2010 alle ore 09:26.
Uno dei pilastri della guerra asimmetrica di Barack Obama ad al-Qaeda e ai talebani è l'uso clandestino dei droni da parte della Cia, gli aerei senza pilota con cui Washington elimina estremisti e terroristi in Pakistan, in Somalia e nello Yemen. Ora la strategia militare antiterrorismo della Casa Bianca è al centro di una contesa politica e giuridica che avrà questa mattina una sua rappresentazione ufficiale nel corso della 14ª sessione del Consiglio dei diritti umani Onu di Ginevra. Lo Special Rapporteur sulle esecuzioni extragiudiziali delle Nazioni Unite, Philip Alston, ha preparato un rapporto dettagliato contro le numerose uccisioni mirate eseguite dalla Cia per conto della Casa Bianca con una richiesta al governo americano di abbandonare il programma antiterrorismo perché considerato in violazione delle leggi di guerra internazionali.
Alston, professore alla New York University, non si è spinto fino a definire «crimini di guerra» le uccisioni dei leader e dei militanti qaedisti e talebani, né la morte dei civili, eppure la denuncia nei confronti del programma clandestino della Cia è ferma e decisa, anche se legalmente non vincolante per Washington.
Le leggi di guerra dicono che i soldati degli eserciti regolari non possono essere perseguiti o puniti per l'uccisione di nemici in battaglia, ma il rapporto Onu sottolinea che gli agenti Cia che guidano i droni con i sofisticati joystick collegati ai super computer in Nevada non sono protetti dall'immunità garantita invece a chi indossa l'uniforme. L'impostazione è simile a quella usata dagli americani per definire i militanti di al-Qaeda, i «nemici combattenti», cui nemmeno l'amministrazione Obama garantisce immunità e diritti processuali. Il rapporto Alston chiede sostanzialmente a Washington di sospendere gli attacchi missilistici, di portare allo scoperto il programma segreto e di farlo rientrare nei più trasparenti canali della catena di comando militare.
L'Amministrazione Obama contesta la tesi del rapporto e con il consulente legale del Dipartimento di Stato, l'ex rettore della Law School di Yale Harold Koh, spiega pubblicamente che le operazioni mirate contro i terroristi sono legali sia sul fronte delle leggi interne sia di quelle internazionali. Il paradosso è che gli obamiani per giustificare la continuazione della guerra al terrorismo – espressione ora ufficialmente bandita dal gergo burocratico di Washington – si affidano all'architettura giuridica creata dagli avvocati della Casa Bianca di Bush e fondata, subito dopo l'11 settembre, sull'autorizzazione del Congresso a usare la forza militare.