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«Luigi Padovese era un uomo del dialogo». Il racconto di chi lo conosceva bene

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Questo articolo è stato pubblicato il 03 giugno 2010 alle ore 18:50.

«Un uomo assolutamente mite. Un uomo del dialogo». Don Marco Gnavi della comunità di Sant'Egidio, direttore dell'ufficio ecumenismo e dialogo al vicariato di Roma, conosceva bene il vescovo Luigi Padovese. È ancora scosso dalla notizia della sua uccisione. A caldo accetta di rispondere ad alcune domande. La sua voce è incerta, i pensieri veloci. Luigi Padovese, 63 anni, padre cappuccino, milanese, studioso di patristica, vescovo in prima linea nella testimonianza di una chiesa cristiana viva (proprio nel solco dei padri della Chiesa) è stato accoltellato dal suo autista, un ultranazionalista.

Venerdì avrebbe dovuto accogliere il Papa a Cipro. La sua uccisione è una ferita profonda nella Chiesa. Una ferita che darà un senso ancora più profondo alla visita di Benedetto XVI nell'isola divisa ancora in due da un muro. Parte cristiana greca. Parte musulmana turca. «Lo conoscevamo bene - ricorda don Marco - da molti anni. Abbiamo condiviso lo stesso amore per la Turchia, la visita del Papa, la morte di Don Andrea Santoro».

Che uomo era Luigi Padovese?
«Era un uomo assolutamente mite. Un uomo del dialogo. Ha sofferto la morte di Andrea Santoro, un suo prete, parroco romano, morto indifeso - come tutti sanno - sacrificato sull'altare, una presenza disarmata. I motivi del suo omicidio non sono stati ancora chiariti. Monsignor Padovese se ne lamentava poco tempo fa in un'intervista di un giornalista armeno...».

Che cosa vuole dire essere cristiani in Turchia?
«Monsignor Padovese era aperto, era davvero un uomo del dialogo. Aveva ottimi rapporti con le chiese ortodosse e aveva buoni rapporti con il mondo musulmano. Credeva in una presenza cristiana che fosse lievito. Lievito in un mondo complesso come quello turco e con una comunità cattolica senz'altro povera non solo nei mezzi ma anche perché minoritaria, disarmata. Aveva insegnato patristica, i padri della Chiesa, e aveva per questo il senso della radici cristiane antiche, dei primi cristiani».

Il cristianesimo vero.
«Appunto. Questa sua convinzione assume oggi una luce ancora più forte».

Lui la sua vocazione la viveva in prima linea...
«Assolutamente in prima linea».

Quando lo ha incontrato?
«La penultima volta che l'ho incontrato è stato in Turchia nella Cattedrale di San Giorgio durante la visita del Papa. Lui sentì quella visita come una grande benedizione e un grande sostegno alla comunità cristiana turca - che non è solo cattolica - e al patriarcato ecumenico. Un dono al tessuto di convivenza dei cristiani in minoranza…»

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...E l'ultima volta?
«Lo ricordo a Roma partecipare ai funerali di don Andrea, come anche lo ricordo nei giorni seguenti nei vespri con la Comunità di Sant'Egidio a Santa Maria in Trastevere, in incontri fraterni in cui ci raccontava della loro testimonianza nascosta in Turchia. Fece molti appelli perché attorno alla comunità cristiana turca si stringesse una solidarietà operosa».

Il suo assassinio è avvenuto alla vigilia della visita pastorale del Papa a Cipro.
«Padre Padovese doveva recarsi a Cipro proprio domani, venerdì, e incontrare Benedetto XVI assieme agli altri rappresentanti delle Chiese d'Oriente, ai patriarchi e ai vescovi cattolici latini orientali»...

Padre Lombardi, direttore della sala stampa Vaticana, ha detto che l'uccisione del vescovo Padovese per il Papa è un «grandissimo dolore».
«Penso che per Papa Benedetto sia una ferita profondissima. Una ferita profondissima nel corpo della chiesa e nel suo cuore perché si tratta di un testimone che credo il Papa conosceva da vicino».

Un nuovo martirio per la Chiesa in Turchia.
«Ogni morte martiriale segna la verità della presenza cristiana non solo nel dolore della morte ma anche nella vita che si testimonia, che è sempre una vita disarmata. Produce un grande dolore nell'oggi, un senso di prossimità verso chi è stato ucciso e la chiesa in Turchia. Chissà cosa produrrà in futuro».

La visita del Papa a Cipro assume tutto un altro significato ora...
«Nella visita del Papa in Turchia allora e in quella di Cipro oggi c'è il cuore della chiesa universale, un cuore che respira, palpita, soffre. Ancora di più oggi questa chiesa vuole seminare comunione e guardare al futuro».

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