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Questo articolo è stato pubblicato il 07 giugno 2010 alle ore 11:56.
Sul ddl intercettazioni è scontro dentro la maggioranza. Al centro della contesa c'è l'emendamento Ghedini, che prevede di prorogare il periodo massimo degli ascolti, limitato a 75 giorni secondo il testo della commissione, con la possibilità di mini-proroghe di 48 ore. In pratica se si scoprirà all'ultim'ora qualcosa di importante per proseguire le indagini, il pubblico ministero potrà prolungare l'ascolto di 48 ore. Ma la richiesta dovrà essere ratificata subito dal gip collegiale, pena la nullità dell'atto. La proroga potrà essere rinnovata di 48 ore in 48 ore «anche fino alla conclusione delle indagini preliminari». Se il decreto del pm non sarà però convalidato entro 48 ore, l'intercettazione non potrà essere proseguita e i risultati non potranno essere utilizzati. Un punto, quest'ultimo, su cui Ghedini ha aperto prospettando la possibilità di rivedere i tempi concessi al giudice collegiale per convalidare o meno la richiesta del pm.
L'emendamento, però, non convince i finiani e desta anche i dubbi del Quirinale. Per non dire della contrarietà dei magistrati. Che ieri, per bocca del procuratore aggiunto di Milano, Armando Spataro, intervistato da Lucia Annunziata a "In Mezzora", sono tornati a stigmatizzare la modifica approntata dall'avvocato del premier. «Vi rendete conto - ha detto il procuratore - che cosa significa ogni 48 ore andare a chiedere a un giudice una ulteriore proroga trasportando carte, motivando? Significa essere immobilizzati a un computer, se c'è e se funziona».
L'obiettivo, nemmeno troppo velato, della maggioranza è di arrivare all'approvazione del testo entro giovedì, come ha chiesto il premier Silvio Berlusconi. Per il ddl intercettazioni, però, le prossime ore saranno cruciali. Domani mattina è infatti fissato l'ufficio di presidenza del Pdl che dovrà dare il via libera ai 7-8 emendamenti concordati nella Consulta del partito e sui quali si sta misurando l'avvocato e consigliere giuridico del Cavaliere Niccolò Ghedini. Poi un rapido passaggio in commissione prima dell'approdo in aula del provvedimento nel pomeriggio.
Un iter in apparenza senza ostacoli se non fosse che spetterà all'ufficio di presidenza il voto definitivo sul testo e l'esito non è affatto scontato. Anche perché negli uffici di via dell'Umiltà andrà in scena l'ennesimo confronto tra berlusconiani e finiani, questi ultimi capeggiati dal presidente della commissione Giustizia, Giulia Bongiorno, che attende di esaminare il testo definitivo prima di sciogliere il sì condizionato dei giorni scorsi e che non ha mancato di esprimere le proprie perplessità sul comma messo a punto dall'avvocato del Cavaliere.