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Questo articolo è stato pubblicato il 13 giugno 2010 alle ore 16:45.
«A settembre porterò sul tavolo del Consiglio dei ministri la riforma della giustizia». L'annuncio arriva dal ministro della Giustizia, Angelino Alfano, che ha sottolineato come il passo successivo sia la presentazione del provvedimento in Parlamento, per una rapida approvazione, anche se si tratterà di modificare norme di rango costituzionale. Del resto, ha detto, «se si vuole, si fa», prendendo in prestito l'espressione utilizzata, qualche giorno prima, dal ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, a proposito dell'annunciata proposta di modificare l'articolo 41 della Costituzione per semplificare l'apertura di un'impresa.
Il cuore della riforma della giustizia allo studio a Via Arenula sarà quasi tutto incentrato sulla magistratura. Almeno, stando alle prime indiscrezioni rivelate dallo stesso Guardasigilli. Primo punto del provvedimento, ha spiegato, infatti, il ministro della Giustizia dalle pagine del Corriere della Sera, sarà procedere, dopo tanti annunci e polemiche, alla definitiva separazione degli ordini tra pubblici ministeri, organi inquirenti, e magistrati, con funzioni giudicanti, che avranno percorsi professionali (e quindi di carriera) separati fin dall'inizio. Altri punti qualificanti della "nuova giustizia", targata Alfano, saranno la creazione di due Csm e, soprattutto, «di un meccanismo disciplinare che risolva il problema di una giustizia - a suo dire - troppo domestica in questo campo».
L'annuncio del ministro Alfano ha innescato le prime, prevedibili reazioni politiche. Se per il collega di Governo e ministro per i Beni Culturali, Sandro Bondi, «le proposte del Guardasigilli sono ineccepibili», per Massimo Donadi, capogruppo alla Camera dell'Idv, «è inaccettabile riformare la giustizia per metterla sotto il potere dell'Esecutivo, e in particolare sotto quello del premier Berlusconi: è come - ha aggiunto - affidare al lupo di Cappuccetto Rosso la salvaguardia dei boschi». Per Donati, sono altre le priorità delle giustizia italiana. E, cioè: «processi più brevi, certezza della pena, mezzi e risorse a chi amministra la giustizia».
A chiedere, invece, all'opposizione un «sussulto di responsabilità» è il ministro per l'Attuazione del Programma di Governo, Gianfranco Rotondi, secondo cui «il muro contro muro sulle riforme e, in particolare, sulla giustizia, produce solo pregiudizi e rischia di vanificare gli appelli del presidente Napolitano». La proposta del ministro Alfano, ha proseguito Rotondi, «va nella direzione di un sistema giudiziario più snello ed efficace. È questo il momento di scelte impegnative e coraggiose».