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Questo articolo è stato pubblicato il 19 giugno 2010 alle ore 11:57.
«Faremo una campagna d'estate su democrazia e sociale». La manovra va cambiata, visto anche che la stessa maggioranza, presentando una valanga di emendamenti, mostra di non gradirla troppo. Il segretario del Pd, Pierluigi Bersani inizia così il suo discorso, dal palco del Palalottomatica, a Roma, chiudendo la manifestazione del Pd contro la politica economica del Governo: «150 pagine di decreto, approvate in 9 minuti dal consiglio dei ministri, che contengono 2.380 commi sul nulla, senza uno stralcio di idea, senza una direzione di marcia».
Bersani ha ribadito la necessità di una svolta radicale, annunciando "battaglia" in Parlamento per correggere la manovra. «Serve - ha detto - un'altra politica economica e regole rinvigorite». La ricetta proprosta dal leader del Pd passa per le nuove "lenzuolate" di liberalizzazioni su carburanti, gas, banche, assicurazioni e farmacie, i cui proventi dovranno essere girati alle fasce più deboli, come i pensionati. Il numero uno del Pd ha evidenziato, poi, come la manovra se la prenda, soprattutto, con scuola, enti locali e forze dell'ordine e ha annunciato l'apertura di un gran cantiere di riforme sulla crescita. Bersani ha chiesto, anche, un cambio di rotta sulla politica europea. «Ci vuole - ha dichiarato il segretario del Pd - più Europa, non l'Europa dei governi ma ci vuole una Europa federale con un sistema di vigilanza sui mercati, un coordinamento delle politiche fiscali, tasse sulle transazioni finanziarie, piano europeo per il lavoro e apertura del mercato interno europeo». Del resto, ha aggiunto, «non possiamo andare avanti solo con le esportazioni».
Dal leader del Pd è arrivato, poi, un affondo contro premier sul fronte della costituzione e del ddl sulle intercettazioni. «Berlusconi - ha detto - ha giurato sulla Costituzione e se non gli piace, vada a casa». Il Governo, ha ricordato Bersani, hanno messo oltre 30 voti di fiducia e 50 decreti. Siamo a circa un voto di fiducia alla settimana di lavoro in Parlamento. C'è preoccupazione, ha poi sottolineato, per il ritorno a un voto di fiducia anche alla Camera sul ddl intercettazioni, che, per Bersani, «se non ci fossero state non avremmo saputo niente della "cricca" e della "banda delle ville del Brenda». «Noi - ha ribadito il numero uno del Pd - non ci stiamo al bavaglio all'informazione e ai limiti al lavoro della magistratura».