Storia dell'articolo
Chiudi
Questo articolo è stato pubblicato il 06 luglio 2010 alle ore 16:17.
Il sottosegretario Paolo Bonaiuti, liquida la querelle tra i due co-fondatori del Pdl come «il dissenso di una minoranza, ma neanche di una minoranza così gigantesca. Occorre ristabilire la realtà dei termini tra una enorme maggioranza e una piccola minoranza». Come dire che lo sparuto gruppo di parlamentari che sostengono il presidente della Camera, Gianfranco Fini, non spaventano certo Silvio Berlusconi. Convinto che, davanti un eventuale strappo, il drappello finirebbe per lasciare per strada più di qualche pezzo.
Quale che sia la consistenza della minoranza (si parla di 30 deputati e 15 senatori), Berlusconi e Fini continuano a non parlarsi vis-à-vis. Né risulta alcun incontro in agenda. Oggi l'ex leader di An dovrebbe vedere i suoi per fare il punto della situazione, domani invece sarà la volta del Cavaliere che riunirà a Palazzo Grazioli lo stato maggiore del Pdl, il sottosegretario Gianni Letta, il suo legale Niccolò Ghedini e il guardasigilli Angelino Alfano. Cui spetta la missione tutt'altro che semplice di rimaneggiare il ddl intercettazioni per superare lo scoglio del Quirinale.
Tra i berlusconiani, però, anche oggi è una gara a rintuzzare Fini e i suoi fedelissimi. L'occasione arriva da un seminario sul delicatissimo tema degli ascolti promosso dai gruppi parlamentari del Pdl che si trasforma, però, via via in una nuova occasione di polemica tra le due sponde del partito. Il primo affondo lo lancia Fabrizio Cicchitto, presidente dei deputati pidiellini. «Fini ha affermato di essere ispirato dal principio della legalità. Voglio ricordare che il Pdl è il partito garantista per eccellenza. Se c'è qualcuno che non lo condivide, non si capisce su quale base abbia aderito». Il capogruppo si dice poi «sorpreso» perché il testo uscito dalla Camera «che abbiamo approvato in modo abbastanza pacifico, è più avanzato sul terreno garantista di quello del Senato, ma non ho sentito parole da Fini o dei suoi amici né dall'opinione pubblica».
Poi passa la palla al suo vice, Gaetano Quagliariello. «Possiamo comprendere che i nostri avversari vogliano spostare il cursore, avvilendo il diritto alla privacy, ma non riusciamo a comprendere perché dovremmo farlo noi. Il ddl intercettazioni è stato benedetto nel passaggio alla Camera anche dai massimi vertici di Montecitorio. Per quale motivo ora risulta indigesto?». Mentre la sintesi finale spetta al capogruppo al Senato, Maurizio Gasparri: «Si approfondisca il testo, non ci scandalizzeremo se ci saranno altri aggiustamenti». Quanto ai dubbi di incostituzionalità, l'ex colonnello di An ostenta sicurezza: «Meglio una legge nuova che restare come ora, non ci sono pregiudiziali purché la legge si faccia. Sono ottimista».