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Fini, le intercettazioni e le regioni: l'agenda complicata del "ghe pensi mi" berlusconiano

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Questo articolo è stato pubblicato il 08 luglio 2010 alle ore 14:39.

Il premier Silvio Berlusconi l'aveva promesso inaugurando pochi giorni fa il nuovo corso del "ghe pensi mi". E, in effetti, il Cavaliere ha provato a pensarci e a risolvere i nodi che gravano sul Pdl e sull'esecutivo. Così, ha subito liquidato la grana più complicata, il caso del neoministro Aldo Brancher, costringendolo al passo indietro. Poi ha chiamato a sé il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, per rinsaldare l'asse nei giorni clou della manovra prima di affrontare tutti i capitoli caldi.

La manovra e la protesta delle Regioni. Sono stati giorni difficili tra il premier e il ministro dell'Economia arrivato anche a minacciare le dimissioni davanti al consueto assalto alla diligenza nei confronti della sua manovra. Alla fine, però, tra i due è tornato il sereno. Il premier ha rassicurato Tremonti, blindando la manovra, e soprattutto ha sposato la linea del ministro che non è disposto nemmeno a transigere davanti alla protesta degli enti locali, Regioni su tutte. Il presidente del Consiglio incontrerà le Regioni venerdì ma i margini per un riavvicinamento sono praticamente impossibili anche perché Berlusconi e Tremonti hanno ribadito che i saldi non potranno essere modificati. Dunque i tagli, giudicati insostenibili dai governatori, restano. Come il rischio di una frattura definitiva.

I rapporti con Gianfranco Fini. Doveva essere la settimana dello show-down tra il Cavaliere e l'alleato ormai ai ferri corti. Ma così non è stato e i due continuano a non parlarsi vis-à-vis. Dopo la direzione nazionale dell'aprile scorso, che sancì in diretta la rottura, il rapporto tra i due cofondatori del Pdl si è andato logorando, nonostante i tentativi dei "pontieri" di recuperare il dialogo. Ora Berlusconi sembra deciso a liberarsi dell'alleato e attende un suo errore per espellere lui e i suoi fedelissimi dal partito. Dal canto suo, il presidente della Camera si mostra sereno e gioca di rimessa in attesa di capire cosa farà davvero il Cavaliere.

Il nodo delle intercettazioni. È questo, al momento, insieme alla manovra, il tassello fondamentale su cui la maggioranza dovrà misurare la sua tenuta. Il Pdl si dice pronto ad affrontare alcune delle criticità segnalate dal capo dello Stato e che coincidono con le osservazioni fatte da Fini e dai suoi uomini. Il compito di emendare il testo è stato affidato al Guardasigilli Alfano e il Pdl pare intenzionato a intervenire su tre capitoli (proroga per la durata delle intercettazioni, microspie, comma D'Addario e sanzioni agli editori), ma mira anche a chiudere la partita entro agosto. E saranno proprio le modifiche il terreno su cui si deciderà il futuro dei rapporti tra Berlusconi e Fini.

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Il dialogo con il Quirinale.Il premier ha per ora accantonato qualsiasi vis polemica e anzi ha chiesto ai suoi di avviare dei contatti con il capo dello Stato, Giorgio Napolitano, per intercettarne i desiderata sul ddl intercettazioni. Il Colle, dal canto suo, non vuole aprire alcuna trattativa e ha fatto capire che i suoi rilievi sono già stati evidenziati. Berlusconi e Napolitano si sono incrociati giovedì in occasione del consiglio supremo di Difesa. A margine, un breve colloquio tra i due durante il quale il Cavaliere si è scusato per l'articolo de "il Giornale", che chiedeva conto al capo dello Stato dell'emendamento al Lodo Alfano, firmato da alcuni senatori del Pd e relativo a uno scudo totale per il Colle. Una notizia, lanciata dal Fatto Quotidiano, che ha provocato la dura replica del Quirinale e costretto Berlusconi alle scuse perché il Cavaliere vuole evitare nuovi strappi.

Il lodo Alfano. Il Pdl sta cercando di accelerare su questo tassello e ha proposto l'estensione anche al premier e ai ministri della previsione secondo cui lo scudo vale anche per i reati commessi prima di assumere la carica. Al momento questa possibilità è prevista solo per il capo dello Stato. Il premier ha fretta di far approvare il provvedimento, ma Fini e i suoi uomini hanno già reso nota la loro forte perplessità sulla sua modifica presentata dai berlusconiani.

La gestione del Pdl e i rapporti con la Lega. Anche tra i suoi Berlusconi ha avviato la fase del "ghe pensi mi" azzerando innanzitutto correnti e fondazioni che si sono moltiplicate a dismisura tra i fedelissimi e che dovranno limitarsi ora ad attività meramente culturali. In questo modo il Cavaliere mira a tenere a bada i personalismi e a ridurre al minimo le fibrillazioni interne. La situazione, però, non è semplice. Il rapporto con la Lega è appeso all'esito del federalismo, che Bossi e i suoi considerano una priorità. Ma anche tra i suoi ministri si registra qualche problema. L'ultimo porta il nome di Giancarlo Galan, titolare dell'Agricoltura, che minaccia le dimissioni per protestare contro il pressing del Carroccio. Reo, a suo dire, di aver fatto passare nella manovra il salvataggio di due enti (vicini al suo predecessore Luca Zaia) e la proroga delle multe sulle quote latte ignorando la volontà del ministro.

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