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Questo articolo è stato pubblicato il 28 luglio 2010 alle ore 21:36.
«Qui sto e qui resto, senza dubbi e con ottimismo, insieme a Berlusconi per onorare un impegno politico». Il presidente della Camera, Gianfranco Fini, offre la pace a Silvio Berlusconi, che secondo i rumors sarebbe pronto a rompere con l'ex leader di An forse già domani, dopo il voto della manovra. In un'intervista al Foglio in edicola giovedì, Fini, parlando con il direttore Giuliano Ferrara, chiede di «resettare tutto, senza risentimenti», di azzerare le tensioni all'interno del Pdl tra la maggioranza e la minoranza che fa capo al cofondatore del Pdl. «Berlusconi e io - chiarisce Fini - non abbiamo il dovere di essere e nemmeno di sembrare amici, ma dobbiamo onorare un impegno politico ed elettorale con gli italiani. Per questo ci tocca il compito, anche in nome di una storia comune non banale, di deporre i pregiudizi, di mettere da parte carattere e orgoglio, di eliminare le impuntature e qualche atteggiamento gladiatorio delle tifoserie».
Onorare l'impegno politico preso con il Pdl, per il presidente della Camera, è «l'unica via per evitare che una deflagrazione senza senso si porti via, tra le macerie di un partito e di una esperienza di governo, la credibilità del centrodestra, prima di tutto nella testa e nel cuore di quanti ci hanno seguito e dato il mandato di rappresentarli. Non ci sarebbero né vinti né vincitori, alla fine della mattanza». Fini propone a questo punto di chiudere con i conflitti all'interno del partito di maggioranza relativa e di aprirne una nuova, sostenendo che «garantismo e legalità non sono in conflitto». E, facendo riferimento indiretto al caso di Denis Verdini, che lo ha accusato oggi di non averlo difeso dalla bufera mediatica, Fini replica che «la mia solidarietà verso chiunque sia colpito da gogna mediatica e da accanimenti palesi è di antica data, e resta intatta».
Il presidente della Camera critica però «gli ultras, sempre nemici di ogni buon compromesso politico», secondo cui «io voglio fare un repulisti giustizialista». Ma «non è possibile equivocare la mia posizione: io ho radici e appartenenza culturali e politiche chiare. Qui sto e qui resto, in ogni senso, nel senso dello schieramento e delle idee portanti», sottolinea ancora il presidente della Camera, che si è mosso a questo punto per evitare che la «profezia di Umberto Bossi» (il divorzio tra i due cofondatori) si concretizzi veramente.