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Questo articolo è stato pubblicato il 05 agosto 2010 alle ore 09:26.
Ha bruciato 276 agenti britannici dell'MI6, circa 400 funzionari della Psia (i servizi segreti giapponesi) e 2.619 informatori della Cia: è il più pericoloso "piromane" nel mondo dell'intelligence. Classe 1935, professione architetto, si chiama John Young. È il più temuto gatekeeper della storia: a lui è stata affidata la password capace di scoperchiare il vaso di Pandora etichettato "Insurance.aes256", è il moderno Cerbero al cui collo è appesa la chiave di una porta che il governo americano non vorrebbe mai venisse clamorosamente spalancata.
Quel file crittografato - piazzato come una ciliegina sulla già indigesta torta che il sito Wikileaks ha propinato al pubblico di Internet - è il jolly giocato a sorpresa da chi ha messo in piazza dolorosi segreti della guerra in Afghanistan e adesso teme ragionevolmente per il proprio futuro.
Il nome del file collocato online da qualche giorno è eloquente: quella cornucopia di informazioni riservate è la polizza assicurativa a copertura dell'incolumità di Julian Assange e degli altri collaboratori. Se mai dovesse capitare qualcosa a uno dei membri dello staff di Wikileaks, l'architetto Young è incaricato di accendere la miccia destinata a distruggere lo spy-system planetario.
Qualche anno fa, in una delle rare occasioni in cui ha concesso un'intervista, John Young si è autodefinito «a pretty fucking angry guy». Il «giovanotto dannatamente arrabbiato» è il "webmaster" di uno dei più spinosi insediamenti telematici conficcati nel fianco del governo statunitense: il suo "cryptome.org" dal 1996 è una vetrina online di informazioni "proibite" che hanno fatto tremare i polsi di personaggi potenti.
L'irrequieto John ha sfidato la riservatezza del presidente Bush pubblicando le foto satellitare ad altissima risoluzione del ranch di Crawford; ha messo spalle al muro la National Security Agency spiattellandone le modalità utilizzate per spiare il traffico su Internet della globalità degli utenti; ha mandato in crisi numerosi "untouchables" pubblicando indirizzi e numeri telefonici di casa e d'ufficio dei più importanti grand commis (non si salvò nemmeno l'allora direttore della National Intelligence John Negroponte); ha fatto traballare la sedia dei vertici della sicurezza nazionale piazzando in rete la cosiddetta "imagery" del "Site R", l'installazione militare dislocata in Pennsylvania ritenuta la residenza segreta del vice presidente Dick Cheney.