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Questo articolo è stato pubblicato il 06 agosto 2010 alle ore 16:07.
Basta un commento di troppo su Facebook per subire provvedimenti disciplinari. O perdere il posto di lavoro. Anche in Italia. Alcuni casi sono ormai celebri. Tra gli ultimi, il licenziamento di una cameriera, Ashley Johnson, in una pizzeria di New York. Ha servito un tavolo di clienti per un'ora e mezzo, ricevendo una mancia di cinque dollari: poi, ha protestato sulla sua pagina privata nel social network. È stata licenziata due giorni dopo: lo sfogo è arrivato alle orecchie del suo datore di lavoro.
Anche in Francia alcune aziende hanno deciso di applicare "tolleranza zero" verso chi commenta a briglia sciolta: la Alten, una società di consulenza ingegneristica, ha chiuso le porte a tre dipendenti che avevano espresso opinioni critiche su Facebook. La contesa, però, è ancora aperta: due si sono appellati al tribunale, ma il terzo ha accettato un accordo economico.
A far scattare il licenziamento può bastare anche una bugia. Una donna impiegata in un'agenzia di assicurazione svizzera aveva chiamato in ufficio dicendo che non avrebbe potuto svolgere nessuna mansione da casa perché "aveva bisogno di restare al buio". Il titolare della filiale, però, ha scoperto che quella mattina aveva navigato sulle pagine del social network. E ha deciso di porre fine al rapporto di lavoro. In Gran Bretagna, invece, tredici assistenti di volo della compagnia aerea Virgin Atlantic hanno criticato gli standard di sicurezza dell'aviolinea: in poco tempo la società ha preso misure disciplinari.
Anche in Canada la lesione della reputazione della catena di supermaket Farm Boy è costata cara a sette addetti: avevano aperto un gruppo su Facebook dove raccontavano i retroscena e il rapporto con i clienti, ma sono stati scoperti e allontanati. La passione per i videogiochi, invece, ha costretto un dipendente del comune di Plovdiv, in Bulgaria, a cercare un'altra occupazione: non staccava le mani dalla tastiera del computer durante le riunioni del consiglio municipale, assorbito nella vita della fattoria digitale Farmville. L'Italia non sfugge al giro di vite globale: una donna di 36 anni ha perso il posto di lavoro per aver creato un gruppo sul social network che puntava il dito contro le condizioni di vita in azienda.