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Questo articolo è stato pubblicato il 10 agosto 2010 alle ore 09:28.
HERAT - Quando gli imputati si trovano faccia a faccia con lei, molti di loro quasi non ci credono. Qualcuno strabuzza gli occhi e resta impietrito. Qualcun altro non riesce a contenersi e protestata a viva voce. C'è chi perfino, dopo la sentenza, in lacrime, chiede al giudice perché una donna debba decidere il suo destino. Una donna procuratore! Ancora oggi agli occhi di molti afghani è un fatto inaccettabile. «Fanno così, gridano, a volte sminuiscono il mio ruolo. Ma alla fine si rassegnano e accettano il processo» racconta Maria Bashir, mentre con un occhio fissa le centinaia di pratiche accatastate sulla sua grande scrivania di mogano sovrastata da un grande ritratto del presidente Karzai.
Mentre conversa Maria sorride spesso, ha un carattere affabile, e una voce dolce, ma sotto la sua femminilità si intuisce un temperamento forte. «Devo esserlo per forza. Applicare la legge. E quando la legge prevede la pena di morte per i reati più gravi, se accertati, devo chiederla. Non solo. In caso di condanna a morte devo assistere all'esecuzione per sincerarmi che sia eseguita».
Per diventare quello che è oggi - la prima e unica donna procuratore generale di tutto l'Afghanistan - Maria ha combattuto per tutta la vita. Voleva essere magistrato già dai tempi del liceo («ero la prima della classe, volevo sapere tutto»). Terminati gli studi in legge entrò nell'ufficio di inchieste criminali della procura di Herat, la seconda città del paese. Per poco tempo. Nel 1996 l'Afghanistan cadde nelle mani dei talebani. «Appena arrivati ci fecero indossare il burqa. Andammo in ufficio ma era chiuso». Nessuna donna poteva lavorare, figurarsi lei, così impegnata anche nella difesa dei diritti delle donne. Eppure riuscì ad organizzare segretamente una scuola in cui le vicine, di nascosto, ricevevano quell'istruzione ritenuta da Maria ancora oggi la priorità per cambiare il volto dell'Afghanistan e la condizione delle donne.
Quando caddero i talebani - «il giorno più bello della mia vita!» lo definisce Maria – riprese il suo lavoro, e poco dopo il procuratore generale dell'Afghanistan, in viaggio a Herat, fu colpito dalla sua professionalità: a meno di 38 anni Maria era promossa procuratore generale della Provincia di Herat. Oggi 100 persone, tra impiegati e magistrati, lavorano per lei. «E solo 10 sono donne. Gli altri sono uomini, e pensi, dopo la prima diffidenza ora mi rispettano e parlano bene di me. Ma stanno facendo un buon lavoro tutte le donne magistrato nel resto del paese. Purtroppo sono presenti soprattutto nelle grandi città».