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Bossi smonta l'ipotesi del governo tecnico. Leghisti «a milioni in piazza con Berlusconi»

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Questo articolo è stato pubblicato il 14 agosto 2010 alle ore 11:11.
L'ultima modifica è del 13 agosto 2010 alle ore 22:11.

«Chi è il matto disposto a guidare un governo tecnico?». A domandarselo è il leader della Lega Nord, Umberto Bossi, che considera l'ipotesi di un governo di transizione «rischiosissima» per il Carroccio perché, spiega, «un simile esecutivo potrebbe cancellare anche le leggi sull'immigrazione».

Bossi vede quindi una sola strada maestra se non ci sarà una maggioranza solida: quella delle elezioni. Un nuovo voto, aggiunge, che «non metterebbe a rischio l'attuazione del federalismo». Semmai, chiosa, sarebbe un governo bloccato fino alla fine della legislatura a tarpare le ali alle riforme. E con il ritorno alle urne, a suo dire, non ci sarebbe nemmeno il rischio di non avere la maggioranza al Senato. «La maggioranza - è l'assunto - la determina la Lega». Berlusconi, quindi, non si deve preoccupare di un eventuale incremento dei voti del Carroccio perché «sa che i voti dati a noi sono in cassaforte. Non siamo matti. Manteniamo la parola».

Di più. Il ministro delle Riforme è pronto a mobilitare anche i militanti leghisti di Veneto, Lombardia e Piemonte in caso di un governo tecnico. «Berlusconi - ha detto Bossi, conversando con i cronisti a Ponte di Legno - porta in piazza la gente e sono tanti, di più. La Lega si unisce a quell'operazione con il Veneto, il Piemonte e la Lombardia. Sono un sacco di milioni di persone e sono incazzate».

Del resto già in serata al suo arrivo all'hotel Mirella, nella tradizionale meta di vacanze della località turistica in Val Camonica, il leader della Lega Nord era stato chiaro su un eventuale dopo Berlusconi. Commentando le preoccupazioni del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano riguardo le possibili conseguenze per l'Italia di un possibile "vuoto politico" in caso di crisi di governo, il senatur aveva tagliato corto, dicendo: «È naturale che si vada ad elezioni quando il governo non funziona più». Riguardo poi allo scontro interno alla maggioranza, Bossi teme che sia «una situazione difficile da sistemare. Non si riesce a capire - ha detto - come si possa andare avanti per qualche anno in un casino del genere».

Bossi ha poi commentato il fatto che alcuni esponenti del Pdl abbiano definito il capo dello Stato "di parte". «Stimo il presidente della Repubblica. So che non farebbe niente per mettersi contro la volontà popolare. Di questo sono certo. Tanto - ha aggiunto Bossi - non serve a niente mettere insieme le cose che non stanno insieme». A chi gli ha chiesto, quindi, come considera il messaggio di Napolitano, Bossi ha risposto: «Penso che avrà anche lui un po' di paura di restare solo, con i partiti che si squagliano, questo sì. E poi dovrebbe chiamare tutti a fare l'impossibile per trovare delle alleanze. Se sono impossibili mi sembra giusto. E poi però deve parlare con i partiti e sentire se l'alleanza c'è e se può tenere per due-tre anni».

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foto Ansa

Tags Correlati: Berlusconi | Comitato Esecutivo | Confindustria | Giorgio Napolitano | Italia | Lega | Luca Cordero di Montezemolo | PDL | Politica | Senato | Umberto Bossi | Unicredit

 

Più severo il giudizio sul recente intervento di Luca Cordero di Montezemolo. «Il primo a fallire è stato lui, è un chiacchierone. Lo hanno cacciato via da Confindustria e quando è andato via hanno tirato un sospiro di sollievo». Secondo il leader della Lega Montezemolo «era in Confindustria e voleva fare politica, ma se vuole fare politica, quando ci sono le elezioni presenti un suo partito e vediamo...». Quel che è certo è che, per Bossi, Montezemolo non sarà leader del centro. «Perchè? - ha domandato ai cronisti - Ci volete far vincere troppo facilmente?».

Bossi, infine, non sembra preoccupato dell'aumento della quota del capitale libico in Unicredit, che ha superato il 7 per cento. «No, ho visto di peggio con le banche - ha replicato, interpellato sull'argomento - le banche, sembrerà strano, ma funzionano a soldi. Ha ragione chi ci mette i soldi. Poi è chiaro che sarà Tremonti che dovrà dare un'occhiatina». Per Bossi si tratta di «cose private e nelle cose private è difficile che puoi imporre per legge dei limiti alle azioni. C'è la Costituzione che dice che le cose private sono private - ha detto Bossi - e quindi decidono sulla base della percentuale delle azioni».

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