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Bankitalia sul caso Verdini denuncia un conflitto d'interesse da 60 milioni. La replica: «Ipotesi errate»

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Questo articolo è stato pubblicato il 14 agosto 2010 alle ore 14:52.

Gli accertamenti ispettivi condotti dalla Banca d'Italia presso il Credito Cooperativo Fiorentino (Ccf) dal 25 febbraio al 21 maggio scorsi hanno evidenziato «gravi carenze» degli organi aziendali, con «totale accentramento dei poteri» sulla figura dell'allora presidente Denis Verdini (coordinatore nazionale del Pdl) ed «estesi profili» di potenziale «conflitto di interessi» dello stesso Verdini con quelli della banca, per affidamenti pari a 60,5 milioni di euro.

È quanto scrive Bankitalia nella delibera 553 del 20 luglio scorso inviata al ministro dell'Economia e alla Segreteria del Comitato interministeriale per il credito e il risparmio (Cicr), con la quale è stata proposta - e poi disposta con decreto del 27 luglio dallo stesso ministro Giulio Tremonti - l'amministrazione straordinaria della banca fiorentina.

Bankitalia ha rilevato, in particolare, «una ampia deviazione della gestione aziendale dai canoni propri del modello mutualistico», con gravi riverberi su altri profili. In particolare - scrive l'Istituto di Vigilanza - «gravi anomalie ed irregolarità nelle relazioni creditizie hanno condotto ad una elevata lievitazione dei livelli di concentrazione e di deterioramento della qualità degli impieghi» e all'accentuarsi di rischi di carattere operativo.

Le criticità gestionali, inoltre, «hanno determinato il sostanziale azzeramento della capacità reddituale» dell'istituto. Gli ispettori della Banca d'Italia hanno verificato, durante gli accertamenti, l'esistenza di un esecutivo della banca «scarsamente autorevole» e di un collegio sindacale «privo di sufficiente indipendenza».

Il governo societario è risultato «totalmente accentrato» nelle mani del presidente Denis Verdini (che era in carica dal 1990), «principale fautore della politica di espansione creditizia verso clientela di grandi dimensioni, fra cui rientrano anche iniziative riconducibili al suo gruppo familiare», in contrasto con le indicazioni che in passato erano venute dall'istituto di Vigilanza e con le stesse «linee strategiche elaborate per il triennio 2008-2010, che prevedevano la diversificazione del portafoglio crediti a favore delle famiglie e delle piccole e medie imprese».

Bankitalia ha, inoltre, rilevato che Verdini «risulta indagato in diverse sedi giudiziarie in relazioni a ipotesi di corruzione e riciclaggio, in concorso con uno dei titolari del gruppo Fusi-Bartolomei, gruppo imprenditoriale principale affidato della banca, al quale il dott. Verdini risulta legato da relazioni d'affari».

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Inoltre, sempre secondo Bankitalia, Verdini «ha omesso di fornire piena informativa, ai sensi dell'articolo 2391 del codice civile, circa la sussistenza di propri interessi potenzialmente in conflitto con quelli della banca, per affidamenti complessivamente ammontanti a euro 60,5 milioni», riconducibili ad iniziative sia in ambito editoriale, sia in ambito immobiliare, «in parte connotate da situazioni di difficoltà finanziaria». Rilievi sono mossi anche all'ex direttore generale dell'istituto fiorentino, ampiamente tollerante «nei confronti delle condotte palesemente anomale» dei principali clienti.

Il coordinatore del Pdl, rigetta le ipotesi di Bankitalia.« Rilevo - scrive Verdini - che si tratta dell'inizio di un provvedimento amministrativo al quale risponderò puntualmente e adeguatamente nei termini previsti dalla legge». Per quanto riguarda il «potenziale conflitto di interessi» nei confronti del Credito cooperativo fiorentino evidenziato nel verbale di contestazione, «questo è fondato su ipotesi errate di fatto e di diritto, la cui insussistenza sarà presto dimostrata, in quanto ho sempre operato nella massima trasparenza e nell'interesse della banca».

«Rilevo inoltre - scrive ancora Verdini - che, in merito al nuovo polverone mediatico che si sta alzando e alle conseguenti strumentalizzazioni politiche, nella delibera degli ispettori non c'è traccia alcuna delle infamanti ipotesi uscite sulla stampa nei mesi scorsi, tese a individuare nel Ccf un crocevia di tangenti e di malaffare. Come ho già spiegato ai magistrati, da tempo non ho rapporti in società operative con l'imprenditore Riccardo Fusi (imprenditore coinvolto nelle recenti inchieste sugli appalti pubblici), e i crediti erogati alla Btp sono sempre stati pienamente garantiti. Respingo dunque con fermezza - conclude il coordinatore del Pdl - sia le contestazioni sul conflitto d'interessi che quelle relative ad inesistenti operazioni anomale».

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