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Questo articolo è stato pubblicato il 19 agosto 2010 alle ore 15:06.
«Adesso è cambiato tutto e niente sarà più come prima. Perché nessuno ci potrà più convincere che il berlusconismo non coincida integralmente con le sue espressioni più appariscenti e drammaticamente caricaturali». Lo scrive su Ffwebmagazine, periodico online della fondazione Farefuturo (che fa capo al presidente della Camera, Gianfranco Fini, ancor oggi al centro di polemiche con il direttore del Giornale, Feltri), il direttore Filippo Rossi.
Fli si smarca. Ma dai parlamentari di Futuro e Libertà arriva in serata una netta presa di distanza. «È fuorviante e strumentale - osservano in una nota congiunta i presidenti dei gruppi di Futuro e libertà per l'Italia alla Camera e al Senato, Italo Bocchino e Pasquale Viespoli - alimentare la polemica a partire da editoriali sicuramente fuori misura e che non impegnano i gruppi parlamentari e che in ogni caso non rappresentano né dettano la linea politica che intendiamo seguire».
L'affondo del magazine della fondazione era stato d'altro canto molto tranchant. «Nessuno - si legge - ci potrà più convincere che il berlusconismo non coincida con il dossieraggio e con i ricatti, con la menzogna che diventa strumento per attaccare scientificamente l'avversario e magari distruggerlo. Nessuno ci potrà più convincere che il berlusconismo non si nutra di propaganda stupida e intontita, di slogan, di signorsì e di canzoncine ebeti da spot pubblicitario. Ma tanto non ci proveranno nemmeno, a convincerci».
L'affondo contro il Cavaliere. Nel lungo articolo il direttore di Ffwebmagazine ricorda anche «l'editto contro Enzo Biagi, contro Daniele Luttazzi, contro Michele Santoro. Il pensiero corre ai sensi di colpa per non aver capito prima, per non aver saputo e voluto alzare la testa. E oggi che gli editti toccano da vicino, è fin troppo facile cambiare idea. Oggi ha ragione chi dice: perché non ci avete pensato prima? Non c'è una risposta che non contempli un pizzico di vergogna. Una vergogna che, però, non prevede ora il silenzio, il ripetersi di un errore».
La scelta di campo. Insomma, prosegue l'articolo, adesso «è molto, molto di più di una questione politica. È una questione di civiltà. Di democrazia. E di libertà. Questioni forse più grandi di noi, che impongono una scelta difficile. Intendiamoci, tutto questo poi non impedisce la "politica", non impedisce di assumersi la responsabilità di trovare accordi per governare il paese. Si parla d`altro. Si parla di qualcosa di più. Perché quello che abbiamo visto in questi ultimi tempi, tra documenti di espulsione e attacchi sguaiati alle istituzioni che sembrano concepite come proprietà privata e non come bene pubblico, relazioni internazionali di dubbio gusto e killeraggi mediatici, per non parlare delle questioni etiche trasformate in propaganda di partito, ecco, tutto questo dimostra che c`è una distanza culturale prima di tutto. E che la scelta a questo punto - conclude Rossi - è se stare o meno dalla parte di una politica che si possa dire davvero laica e liberale».