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Questo articolo è stato pubblicato il 19 agosto 2010 alle ore 16:18.
Le immagini del passaggio della frontiera kuwaitiana da parte della Quarta Stryker Brigade della Seconda divisione di fanteria dell'Us Army, le ultime truppe combattenti, segnano la fine della presenza in territorio iracheno di unità da combattimento statunitensi ma hanno un significato soprattutto simbolico.
Dopo sette anni e mezzo di guerra (guarda la fotostoria) e oltre 4.400 caduti i militari statunitensi cessano di essere coinvolti direttamente nei combattimenti ma resteranno con ben 50 mila soldati nel Paese arabo. Truppe assegnate all'Operazione "Nuova Alba" che verranno convertite, fino alla fine del 2011, per assolvere compiti di supporto e addestramento delle forze armate irachene, di certo inadeguate a gestire da sole la sicurezza nazionale. L'esercito iracheno avrebbe preferito un prolungamento della presenza militare americana per altri 10 anni. Mentre nel paese si combatte ancora una guerra segreta. E continuano gli attentati suicidi che coinvolgono spesso anche la popolazione civile. Da 5 mesi i due principali partiti politici litigano enon riescono a creare un governo. Il paese è una polveriera.
Il ritiro statunitense dell'ultima brigata "combat" aiuta Barack Obama a offrire all'opinione pubblica interna il segnale tangibile di aver mantenuto la promessa elettorale di chiudere l'operazione "Iraq Freedom" varata da George W. Bush nel 2003 . In Iraq però le reazioni non sono positive. Dopo che il capo di stato maggiore delle forze armate di Baghdad, il generale Babaker Zebari, aveva chiesto agli statunitensi di restare "fino a quando saremo pronti a fare da soli, nel 2020", ieri il ministro degli esteri (e quasi omonimo del generale) Hoshyar Zebari ha denunciato il "pericoloso vuoto di potere" che si sta creando in Iraq e che rischia di far perdere agli Usa "tutto il Medio Oriente" rimproverando a Obama (che ha lasciato la gestione della questione irachena al vicepresidente Joe Biden) di non essersi impegnato abbastanza nella mediazione per superare l'attuale stallo politico dopo le elezioni irachene. "Oggi probabilmente avremmo già un nuovo governo a Baghdad e saremmo molto meno deboli".
Più che le capacità di contrasto della rinnovata offensiva terroristica di al-Qaeda, preoccupano i limiti addestrativi e di equipaggiamenti delle truppe di Baghdad, assolutamente inadeguate a far fronte a minacce esterne che, considerati i vicini dell'Iraq, non si possono certo escludere. Il nuovo esercito iracheno, costituito nel 2004 con 3.500 volontari, è oggi cresciuto a oltre 200 mila effettivi e 18 divisioni ma si tratta di numeri che non hanno corrispondenza con reali capacità operative. L'addestramento è sommario e limitato alle nozioni basilari della contro-insurrezione vale a dire pattugliamenti, istituzione di check point, perquisizioni e rastrellamenti. Operazioni condotte a livello di compagnia o al massimo di battaglione, cioè impiegando poche decine o poche centinaia di soldati.