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Marchionne scrive a Napolitano: «Massimo rispetto per le decisioni della magistratura»

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Questo articolo è stato pubblicato il 26 agosto 2010 alle ore 11:07.

L'amministratore delegato di Fiat, Sergio Marchionne, ha scelto la via della missiva, una lettera al presidente della Repubblica per esporre le ragioni dell'azienda nel caso degli operai di Melfi reintegrati dal giudice del lavoro, che però non possono tornare alla catena di montaggio. Lo si legge sulla "Stampa"; il quotidiano della Fiat aggiunge che il presidente di Fiat John Elkann ha invece telefonato direttamente a Giorgio Napolitano, un colloquio che si sarebbe rivelato «cordiale e chiarificatore».

Fiat risponde così alla lettera inviata da Napolitano ai tre operai esclusi, che gli avevano rivolto un appello, lettera in cui il capo dello Stato aveva espresso «il vivissimo auspicio - che spero sia ascoltato anche dalla dirigenza della Fiat - che questo grave episodio possa esser superato, nell'attesa di una conclusiva definizione del conflitto in sede giudiziaria».

Nella lettera inviata a Napolitano, Marchionne in sostanza secondo la Stampa ha ricapitolato i termini della questione, motivando le ragioni dell'azienda e rassicurando circa il fatto che la Fiat non ha intenzione né interesse al permanere di uno stato di tensione nella fabbrica. Il numero uno del Lingotto, si legge, ha anche illustrato a Napolitano la linea alla quale si atterrà l'azienda da qui in avanti: massimo rispetto per le decisioni della magistratura ma anche difesa della scelta fatta con il tipo di reintegro adottato nei confronti di Giovanni Barozzino, Antonio Lamorte e Marco Pignatelli (in sostanza, il pagamento dello stipendio senza rientro fisico al posto di lavoro).

Invece Elkann nella telefonata a Napolitano non avrebbe nascosto «una certa sorpresa per come giornali e tv hanno interpretato la lettera del presidente della Repubblica e cioè un prender parte delle ragioni dei lavoratori contro quelle dell'azienda». In un virgolettato attribuibile a Elkann l'articolo prosegue: «Cercare e trovare soluzioni di lungo periodo di fronte alle difficoltà del momento e alle tensioni che talvolta ne derivano è l'auspicio di tutti, Fiat in testa».

Secondo la Stampa, un chiarimento l'avrebbe fornito anche il capo dello Stato affermando che non aveva l'intenzione di scendere in campo a favore dell'una o dell'altra parte. Sarebbe stata registrata una «intesa assoluta» fra Quirinale e Fiat sulla necessità di fare dell'episodio il punto di partenza «per il recupero di più serene relazioni sindacali».

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C'è grande attesa, intanto, davanti al cancello 'B' dello stabilimento Fiat di Melfi per cosa dirà l'amministratore delegato di Fiat al Meeting di Cl di Rimini, sulla situazione dei tre operai licenziati dall'azienda torinese, reintegrati dal giudice del lavoro ma non riammessi al lavoro. Giovanni Barozzino, Antonio Lamorte e Marco Pignatelli, continueranno a sostare davanti ai cancelli della fabbrica fino a quando non sarà ripristinata la loro «dignità di uomini e di lavoratori», ovvero fino a quando potranno tornare alla catena di montaggio.

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