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Questo articolo è stato pubblicato il 25 agosto 2010 alle ore 17:42.
«Serve un cambiamento forte altrimenti sarà il declino e nessuno verrà più a investire in Italia». A parlare è la presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia che dal palco di Rimini, al meeting di Comunione e Liberazione, illustra la sua ricetta in cinque punti per superare la crisi e riprendere a correre. Al primo posto, serve puntare dritto sulla produttività. «Se non torniamo a crescere almeno del 2% l'anno non ci sarà aumento dell'occupazione e crescita dei redditi».
Da quando c'è l'euro, ha spiegato la leader degli industriali, «abbiamo perso 32 punti percentuali rispetto alla Germania: se non recupereremo, non avremo la capacità di competere e crescere». La strada da percorrere, ha aggiunto, passa per nuove relazioni sindacali, che «non siano cinesi, ma allineate a tutti gli altri paesi occidentali». Vale a dire, ha detto, «lavorare di più, lavorare meglio, con più formazione e più tecnologia, avere turni e in questo modo pagare di più i lavoratori».
Marcegaglia ha poi sottolineato che «forse il peggio è alle spalle, ma siamo in una fase di assoluta, totale incertezza». Si parla, ha detto, della possibilità di una nuova recessione negli Usa e al contrario delle aspettative in Europa la Germania cresce più degli altri. «Per questo - ha ribadito - abbiamo bisogno di una discontinuità assoluta e strategica rispetto al passato, di una politica che stia sulle cose. Perchè non si tratta solo di uscire dalla crisi». Chiaro il messaggio al Governo: «che deve andare avanti e non può permettersi di vivacchiare».
Per la leader degli industriali, poi, il secondo punto fondamentale per abbattere la crisi è dato dalle infrastrutture, che, ha detto, «si possono anche fare coi soldi dei privati», ma che richiedono «regole e tempi certi».
C'è poi il tema delle tasse, perchè, ha ricordato, «chi fa impresa arriva a pagare anche il 70%-80% del proprio reddito». Per questo, ha spiegato ancora Marcegaglia, «gli introiti della lotta all'evasione fiscale devono andare verso la riduzione delle tasse di chi le paga».
Gli ultimi due temi sono quello della nuova linea di confine fra Stato e mercato e quello del capitale umano e della ricerca. Da un lato, ha rilanciato, «come ha detto il ministro Sacconi, ci vuole meno Stato e più società, ma serve anche meno stato e più mercato: abbiamo bisogno di meno concorrenza sleale da parte delle imprese pubbliche, di meno sprechi, di meno enti inutili», visto che «lo Stato intermedia il 50% del Pil e spesso lo fa male».