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Scontro Pdl-finiani sui dirigenti locali, a rischio la fragile tregua

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Questo articolo è stato pubblicato il 27 agosto 2010 alle ore 08:02.

ROMA. La tregua, sia pur fragile, che sembrava affacciarsi mercoledì al termine del vertice Bossi-Berlusconi, ossia no ad elezioni anticipate e avanti con questa maggioranza, sembra essersi già rotta. I coordinatori del Pdl hanno deciso di convocare alcuni parlamentari finiani per verificare la «compatibilità» dei loro incarichi nel partito sul territorio. In altre parole, valuteranno se quattro deputati e un senatore potranno continuare a vestire i panni di coordinatori o vice regionali e provinciali del Pdl nonostante il loro passaggio alla Camera o al Senato nel gruppo di Futuro e libertà.

A darne l'annuncio alle agenzie di stampa è stato Ignazio La Russa, che, assieme a Sandro Bondi e Denis Verdini, è uno dei tre triumviri ma il solo di provenienza An. «Per noi sono incompatibili ma per correttezza li convochiamo e vediamo cosa ci diranno», spiega il ministro della Difesa che ci tiene anche a far sapere che la riunione dei probiviri, in cui verrà decisa la sorte dei finiani Bocchino Granata e Briguglio, resta confermata. «A deferirli ai probiviri siamo stati noi (i coordinatori, ndr) e al momento non abbiamo ricevuto nessun input politico per revocare il deferimento e anche volendo non potremmo farlo».

L'uscita di La Russa coglie molti di sorpresa su entrambi i fronti. I finiani insorgono tutti, anche le cosiddette colombe. Adolfo Urso, uomo vicinissimo a Fini, che aveva espresso giudizi positivi dopo l'incontro Bossi-Berlusconi e aveva chiesto un gesto distensivo quale la sconvocazione dei probiviri, parla di una «procedura poliziesca e intimidatoria che aggrava il clima politico» e consiglia «ai convocati di non presentarsi agli interrogatori».

Anche Silvano Moffa, tra i più tenaci sostenitori del dialogo, è critico e maliziosamente chiede se non sia il caso di affrontare per tutti il tema dei doppi incarichi. Ma la sortita dei tre coordinatori scatena anche la reazione di quella parte di ex An che pur rimanendo nel Pdl puntano a evitare un divorzio traumatico.

«Non discuto che in linea di principio si possa convocare qualche singolo parlamentare dissidente – dice Andrea Augello – Ma quando i parlamentari sono 45 e ci si trova sull'orlo della crisi politica istituzionale che potrebbe travolgere il centrodestra, bisogna decidere se si lasciano aperte le porte a un tentativo politico di cucitura o se si procede a una serie di iniziative disciplinari e regolamentari che non potranno che produrre l`effetto di compattare ulteriormente il fronte finiano e di accelerare i tempi di una scissione di fatto già iniziata». Augello non può essere più esplicito.

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Ma è chiaro che la sortita di La Russa viene letta anche come il tentativo degli ex colonnelli di bloccare sul nascere il dialogo con Fini, di cui peraltro si è autoincaricata la Lega. C'è chi sostiene che questa «convocazione» era già stata decisa e faceva parte di quell'operazione finalizzata a riportare all'ovile una parte dei finiani, mettendoli un po' alle corde. Il messaggio, insomma, sarebbe diretto non solo ai probabili 5 convocati (i deputati Enzo Raisi, Luca Bellotti, Giulia Cosenza, Roberto Menia e il senatore Egidio Digilio) ma in generale all'ala più moderata del Fli.

La scelta dei tempi, il fatto che l'uscita di La Russa sia giunta all'indomani del vertice di villa Campari e che a farla sia stato proprio il coordinatore ex An, in ambienti azzurri viene letta però anche come l'espressione del malumore degli ex colonnelli: «Nessuno di loro è stato invitato da Berlusconi al vertice e ora si ritrovano anche tra i piedi la Lega», spiega un uomo vicino al Cavaliere ma anche agli aennini. «Stanno soffiando sul fuoco», dice il falco finiano Carmelo Briguglio che in serata ha ribadito che sul processo breve il sì del Fli è tutt'altro che scontato.

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