Storia dell'articolo
Chiudi
Questo articolo è stato pubblicato il 28 agosto 2010 alle ore 12:59.
A suonare le campane a morto per Barack Obama è stato John Judis, autorevole commentatore di The New Republic, la bandiera dei liberal americani. Un attacco da sinistra dunque, inaspettato, con una copertina shock: un Obama vestito da Icaro che cade dal cielo. La metafora non ha bisogno di altri commenti. La disillusione è forte tra le file dei democratici radicali ma le motivazioni della critica, sono razionali, serrate non dettate dallo sconforto del momento. Il principale capo d'accusa è duro come un macigno: "Obama non è stato capace di sviluppare una linea politica tale da convincere la gente nel credere in lui e nei democratici".
Dietro l'angolo c'è il fantasama del fallimento delle presidenza Carter.
Il tallone di Achille di Obama è - secondo la critica radicale di sinistra – di essere troppo timido nel cavalcare l'onda populista contro Wall Street, assumendo il populismo non secondo l'accezione negativa europea ma come una caratteristica intrinseca del mondo americano, senza connotazioni di destra o di sinistra.
Il 16 aprile scorso quando Obama andò a New York e attaccò pesantemente i banchieri e la loro "mancanza di responsabilità" sembrò aver riscoperto il feeling con la Middle class arrabbiata per la perdita di lavoro, sicurezza e certezza nel futuro. Ma poco dopo Obama, svaventato dalle forti reazioni dei Ceo e da Ivan Seidenberger, capo della Business Roundtable, inviò in missione di pace il segretario al Tesoro Thimoty Geither, l'assistente alla Casa Bianca Valerie Jannet e Bill Clinton a cercare un accordo con la business community. Così Obama riuscì a far arrabbiare gli amministratori delegati delle multinazionali americane e nello stesso tempo fallì nel convincere la gente che stava combattendo contro di loro.
Facendo così lasciò spazio ai repubblicani dei Tea Party che hanno usato il populismo anti-sistema contro di lui. Chi non sa usare l'arma populista in America è destinato a soccombere.
Così è avvenuto nella battaglia per la definizione della somma degli stimoli fiscali necessari a rilanciare l'economia: Christina Romer, capo del Council of the Economic advisor della Casa Bianca, aveva proposto 1,2 miliardi di dollari per rilanciare keynesianamente ‘economia. Ma l'amministrazione ne ha richiesti solo 700-800 miliardi, tra cui larghe fette di tagli fiscali che si trasformeranno in risparmi e non investimenti. Il risultato di questa timidezza è una ripresa economica debole, asfittica, che lascerà disoccupazione elevata e spazio ai repubblicani nell'accusa della inutilità degli stimoli stessi." La Casa Bianca – dice the New Republic – avrebbe ottenuto di più se avesse proclamato da subito una emergenza economica nazionale (come era nei fatti), venduto la risposta alla crisi come il salvataggio della Middle class dai danni provocati dagli speculatori di Wall Street, la miopia dei Ceo, dal mercantilismo cinese, e attaccato l'ostruzionismo dei repubblicani".