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Gheddafi: con le aziende italiane altre commesse nella difesa

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Questo articolo è stato pubblicato il 31 agosto 2010 alle ore 08:00.

Mezz'ora di faccia a faccia, nella tenda piantata nella residenza dell'ambasciatore libico a Roma. Con l'economia in primo piano: dallo scenario internazionale a come uscire dalla crisi agli accordi bilaterali e un impegno comune per l'Africa. «I rapporti economici bilaterali possono solo crescere», è stata la promessa reciproca dei due leader, Muammar Gheddafi e Silvio Berlusconi. In primo piano, le commesse nel campo della difesa.

Il Colonnello si è profuso in complimenti: «Avete una straordinaria industria della difesa», ha detto al nostro premier, accompagnato dal ministro degli Esteri, Franco Frattini, e dal sottosegretario alla presidenza Gianni Letta. «Vogliamo fare più accordi con voi anche in questo settore», ha detto Gheddafi, mentre Berlusconi ha apprezzato la politica del Colonnello nell'edilizia popolare. Poi una richiesta alla Ue: Per «fermare» l'immigrazione clandestina «la Libia, sostenuta dall'Italia, chiede all'Europa almeno 5 miliardi di euro all'anno»: è nell'interesse dell'Europa stessa, che altrimenti «davanti a milioni di immigrati, potrebbe diventare Africa».

Non ci sono sul piatto solo i 1.700 chilometri dell'autostrada sulla costa libica, un business da oltre 5 miliardi di euro per le imprese di costruzione italiane. Il leader libico ha confermato la volontà di attrarre investimenti italiani. I contratti nel settore della difesa dovrebbero riguardare richieste di forniture nei confronti di Finmeccanica e Fincantieri. Un business che dovrebbe essere approfondito presto, forse già a fine settembre, dai ministri della Difesa dei due Paesi, e che si aggiunge a quello di trasporti ed energia: solo l'Eni ha già annunciato investimenti in Libia per 25 miliardi di dollari. Il giro d'affari potenziale dopo il pre-accordo siglato l'anno scorso da Finmeccanica con i fondi sovrani libici Libyan Investment Authority e la Libya Africa Investment Portfolio, per dare vita ad una joint venture nei settori dell'aerospazio, elettronica, trasporti ed energia per operare in Libia, Africa e Medio Oriente è stimato in 20 miliardi di euro.

I big dell'economia e della finanza erano presenti in gran numero tra gli 800 invitati della cena di ieri sera, alla Caserma dei Carabinieri Salvo D'Acquisto, l'evento-spettacolo preceduto dall'esibizione a cavallo dei Carabinieri e da quella dei 27 cavalli berberi arrivati in aereo da Tripoli. Berlusconi e Gheddafi si sono fermati insieme in mezzo all'arena. Il Colonnello ha lodato il coraggio di Berlusconi per aver firmato il Trattato di Bengasi e per le scuse del passato coloniale italiano in Libia, il nostro premier se l'è presa con le critiche fioccate in questi giorni: l'amicizia Italia-Libia «è un vantaggio di tutti - ha detto - chi non capisce è prigioniero di schemi superati».

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Lo show della visita, gli incontri sul Corano (anche ieri mattina con 200 ragazze, alle quali ha assicurato che «in Libia la donna è più rispettata che in Occidente») hanno scatenato dure polemiche. A prendere posizione in modo netto i finiani di Farefuturo: «Se l'Italia è diventata la Disneyland di Gheddafi, c'è una ragione politica. Si è passati dall'atlantismo all'agnosticismo». Una «logica commerciale per cui chi paga ha ragione». Perplessa Stefania Craxi, sottosegretario agli Esteri: «Qualsiasi fede religiosa merita rispetto». Ma oggi la «Padania» leghista titolerà: «L'Europa sia cristiana».

A tagliare corto sull'opposizione è Frattini: «È gente che non conosce affatto né la politica estera, né l'interesse dell'Italia». Un'importanza che il governo italiano ha sancito nelle tappe della visita, compresa l'inaugurazione della mostra fotografica sulla storia dei rapporti Italia-Libia all'Accademia libica (Berlusconi si è commosso guardando le foto della situazione in Libia durante l'occupazione italiana). Molti i nomi noti alla cena: dall'ad dell'Eni, Paolo Scaroni, a quello di Finmeccanica, Pierfrancesco Guarguaglini, ai vertici Enel, Piero Gnudi e Fulvio Conti, il direttore generale di Confindustria, Giampaolo Galli, il presidente Alitalia, Roberto Colaninno, Massimo Ponzellini, numero uno Impregilo, Luisa Todini (presidente Todini Costruzioni, che ha realizzato la Caserma), il presidente Bnl, Luigi Abete, il presidente degli industriali di Roma, Aurelio Regina, l'ad di Unicredit, Alessandro Profumo e il finanziere Tarak Ben Ammar. Ora resta aperta la risposta che il Governo italiano dovrà dare a Gheddafi, sulla partecipazione al 41° anniversario della rivoluzione libica, il 1° settembre. I leader francesi e spagnoli non ci saranno, Berlusconi dovrà decidere se andare o farsi rappresentare da Frattini.

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