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Questo articolo è stato pubblicato il 07 settembre 2010 alle ore 12:57.
L'Italia investe ancora poco (e male) in istruzione. La certificazione arriva dall'annuale rapporto Ocse, «Education at a glance 2010», presentato oggi a Parigi, che rielabora dati 2007 e 2008. Roma spende il 4,5% del Pil nelle istituzioni scolastiche contro una media Ocse del 5,7 per cento. Solo la Repubblica Slovacca spende meno tra i Paesi industrializzati. Complessivamente, la spesa pubblica nella scuola (inclusi sussidi alle famiglie e prestiti agli studenti) é pari al 9% della spesa pubblica totale, il livello più basso tra i Paesi industrializzati (13,3% la media Ocse) e l'80% della spesa corrente è assorbito dalle retribuzioni del personale, docente e non, contro il 70% medio nell'Ocse. La spesa media annua complessiva per studente é peraltro di 7.950 dollari, non molto lontana dalla media (8.200), ma focalizzata sulla scuola primaria e secondaria a scapito dell'università dove la spesa media per studente inclusa l'attività di ricerca è di appena 8.600 dollari contro i quasi 13mila Ocse.
Il rapporto dell'organizzazione parigina offre lo spunto anche per altre riflessioni. La prima è che in Italia le ore di istruzione previste sono ben 8.200 tra i 7 e i 14 anni. Solo in Israele i ragazzi stanno più a lungo sui banchi e la media Ocse si ferma a 6.777. Le dimensioni delle classi inoltre sono maggiori rispetto alla media Ocse (18 alunni contro 22) e il rapporto studenti/insegnante é tra i più bassi (10,6 alla scuola primaria contro media 16,4).
Gli insegnanti poi sono pagati meno della media soprattutto ai livelli più alti di anzianità di servizio. Un maestro di scuola elementare inizia con 26mila dollari e al top della carriera arriva a 38mila (media Ocse 48mila). Un professore di scuola media parte da 28mila per arrivare a un massimo di 42mila (51mila Ocse), mentre un docente di liceo a fine carriere arriva a 44mila (55mila). Al tempo stesso, però, l'Italia é quintultima per le ore di insegnamento diretto. Sono 601 l'anno nella scuola secondaria contro una media Ocse di 703. Tutto questo come si traduce in competitività? Semplicemente, che resta al palo.
La musica non cambia all'università e, soprattutto, dopo nel mondo del lavoro. A livello annuo e per un lavoro a tempo pieno una donna percepisce una retribuzione pari al 54% (media Ocse 72%) della retribuzione di un uomo. Il divario nei guadagni é minore nei livelli di istruzione inferiori: con la licenza media una donna ha il 75% delle entrate di un uomo e il 72% con un diploma di scuola superiore. In base alle statistiche dell'Organizzazione, peraltro, solo il 14% della popolazione adulta italiana ha una laurea contro la media Ocse del 28% e sono meno anche i diplomati (53% contro 71%). Il numero dei laureati nella Penisola é però in aumento (+5,3% medio annuo rispetto al 1998) e raggiunge il 20% nella fascia d'età 25-34 anni (ma la media Ocse é del 27%), mentre é solo il 10% tra gli ultra 55enni. L'85% dei giovani arriva al diploma di scuola media superiore, ma all'università si iscrive solo il 51% (contro la media Ocse del 56%) e le donne (61%) in maggior misura degli uomini (43 per cento).