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Questo articolo è stato pubblicato il 07 settembre 2010 alle ore 10:14.
PARIGI – Come da copione: traffico ferroviario fortemente compromesso; la metropolitana di Parigi al rallentatore (ma le cose, da questo punto di vista, vanno meglio del previsto); confusione nelle scuole, dove numerosi insegnanti non si sono presentati. È la giornata dello sciopero generale in Francia, attesa (e temuta) da mesi, con una serie di manifestazioni di piazza previste per protestare contro la riforma delle pensioni, il progetto voluto da Nicolas Sarkozy. Sul quale si gioca notevolmente la faccia.
«Se non ci ascolteranno, esisterà un seguito a questa mobilitazione», ha dichiarato stamani Bernard Thibault, segretario generale della Cgt, il sindacato principale in Francia, equivalente della Cgil in Italia. «Sul piano sociale, questa giornata rappresenta l'evento più importante degli ultimi anni», ha aggiunto Thibault, personaggio chiave in questo negoziato. La data non è casuale. Alle 13 il ministro del lavoro Eric Woerth inizierà a illustrare la riforma all'assemblea nazionale. Woerth, fino a qualche mese fa stimato per la sua preparazione tecnica e i suoi toni rassicuranti, è scivolato nel frattempo nel gorgo di una storiaccia di favoritismi e tangenti, che ruota intorno a Liliane Bettencourt, proprietaria di L ‘Oréal, la donna più ricca di Francia. Woerth appare oggi assai screditato, un problema in più per il presidente.
Cosa prevede la sua riforma? Innanzitutto di portare l'età legale della pensione dai 60 ai 62 anni. E, a dire il vero, su questo punto nei sondaggi la maggioranza degli intervistati appare costantemente favorevole. Insomma, la novità sembra giudicata dai più inevitabile (il livello attuale è ai minimi europei). Ma il progetto di legge, che inizia oggi il suo iter parlamentare (nelle previsioni dovrebbe concludersi a fine ottobre), comprende una lunga serie di modifiche allo status attuale, sulle quali il negoziato fra il governo e i sindacati è possibile e auspicabile. Uno dei settori dove i margini di manovra sono ampli è quello della pensionabilità. Il progetto attuale prevede già che, con un'incapacità del 20%, dovuta a un incidente sul lavoro o a una malattia professionale, si potrà andare in pensione a 60 anni (invece che 62) con un compenso a tasso pieno. L'esecutivo, pero', potrebbe concedere di più su questo punto.