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Questo articolo è stato pubblicato il 08 settembre 2010 alle ore 20:28.
Nei quartieri del centro di Tokyo capita sempre più spesso di incontrare comitive di cinesi. Non si tratta di normali turisti in visita nella capitale, ma di potenziali acquirenti di beni immobiliari di lusso nell'arcipelago. Vengono dalla Cina, da Macao o da Taiwan per investire su residenze e hotel a cinque stelle, resort e case di villeggiatura di tutto il Giappone.
Secondo il settimanale giapponese Shukan Diamond, questa nuova classe cinese ha cominciato ad acquistare prime e seconde case per i connazionali residenti e turisti in Giappone a partire dal crollo delle Lehman Brothers, nel settembre del 2008. Una tendenza che ha stimolato l'intero settore immobiliare di questi paesi asiatici. Il colosso immobiliare taiwanese Sinyi Realty alla fine di luglio ha inaugurato una filiale a Tokyo per i concittadini in arrivo nell'arcipelago. Dall'apertura ha già avuto 150 nuovi clienti e ha venduto più di 20 case, tra cui una stanza da 3,7 milioni di euro all'ultimo piano di un palazzo signorile del quartiere centrale di Minato, a Tokyo.
Tra gli interessi della nuova clientela sinofona non ci sono solo gli edifici residenziali. L'attenzione ora si rivolge verso i resort, come dimostrano i dati di vendita di una piccola agenzia in Hokkaido, nel nord del Giappone, che ha venduto a dei cinesi 17 villette dal valore di 280 mila euro l'una. Ora, su richiesta di altri clienti, se ne stanno costruendo altre 20, 30 . Infine, nella prefettura di Nagano, a nord-ovest di Tokyo, è stato istituito grazie ai finanziamenti di Macao, anche un fondo dedicato agli investitori asiatici.
Tutto questo accade perché "una delle politiche dei cinesi", come spiega un addetto del settore giapponese, "è pensare che sia possibile prendersi il proprio pezzo di terra. Per questo sono così interessati a un paese come il Giappone, che permette anche agli stranieri di acquisire i diritti di proprietà sugli immobili".
E l'arrivo di questi capitali cinesi, conclude il settimanale, potrebbe rivelarsi benefico per il mercato giapponese, da tempo in debito d'ossigeno. Questi investimenti infatti non sono a breve termine, ma creano i presupposti per un possesso duraturo. E il fatto che gli investitori non giochino al rilancio delle offerte di vendita sembra per ora frenare il rischio di una nuova bolla speculativa.