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Il rogo del Corano del pastore Jones e le ferite ancora aperte dell'11 settembre

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Questo articolo è stato pubblicato il 10 settembre 2010 alle ore 08:58.

NEW YORK – Il pastore americano Terry Jones, che aveva minacciato di bruciare 200 copie del Corano in occasione dell'anniversario degli attentati alle Torri Gemelle di New York, ha detto oggi all'emittente ABC che non «ha intenzione di farlo». Il pastore aveva già fatto marcia indietro ieri, salvo poi dire che il rogo era stato solamente «sospeso» dopo una girandola di colpi di scena che hanno visto come protagonisti improbabili, sia il re del mattone newyorchese Donald Trump, che l'Imam Abdul Rauf Feisal, deciso a sua volta con non minore provocazione a costruire una moschea vicino a Ground Zero, e un altro Imam della Florida Muhamed Musri.

Aveva perciò sospeso per 24 ore la sua decisione: «Mi avevano detto che l'Imam avrebbe spostato la moschea se non bruciavo il Corano... Io sono pronto a rispettare la mia parte dell'accordo, basta che loro rispettino il loro». L'Imam Feisal nega di aver mai parlato con il "mediatore" Musri. O di aver invitato a New York Jones. Musri spiega che l'accordo era vicino ma doveva essere siglato a New York. Donald Trump, contrario alla moschea vicino a Ground Zero insiste: è pronto a pagare in contanti una cifra iperbolica per rilevare il terreno sui si dovrà costruire la moschea e il centro islamico.

Siamo dunque a un passo da una soluzione per evitare il rischio di una deflagrazione di intolleranza religiosa, in America e a livello internazionale. Ma in quello che appare sempre più come un concorso mondiale per ego smisurati si dovrà aspettare ancora per capire se, da ambo le parti, occorre dirlo, prevarrà la ragione sulla provocazione. La dinamica che sembrava portare a una soluzione della "crisi del rogo", comincia nel pomeriggio di ieri, con uno scoop del Wall Street Journal online: Donald Trup, era pronto a rilevare il terreno dove doveva sorgere la moschea e a offrirne un altro appena cinque isolati più in là. Forse una mezz'ora dopo, interviene un altro Imam, un mediatore segreto, Muhamed Musri, il capo spirituale della Islamic Society of Central Florida che opera poco lontano da Gainsville, dove ha sede la Dove World Outreach Center di Jones. Musri annunciava che Jones non avrebbe più bruciato il Corano.

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Sarebbe invece volato a New York per incontrarsi con Abdul Feisal.
A quel punto i media, anch'essi al centro di questa iperbole di notizie, smentite e controsmentite, sono letteralmente impazziti. Le televisioni cercavano in diretta conferme ossessive di queste notizie. I blog si sono scatenati. Quelli della destra militante religiosa hanno accusato Jones di debolezza. Quelli centristi, dopo averlo massacrato di insulti negli ultimi giorni, lo hanno elogiato come l'uomo della soluzione. Poi qualche parziale smentita. L'Imam Feisal ha detto di non aver parlato con l'Imam Musri. L'incontro a New York con Jones è in forse o comunque, in queste ora, non confermato. L'immobiliarista che controlla il terreno ha detto che la moschea non si sposterà di un millimetro. Trump ha confermato l'offerta.

Questi sviluppi confermano come, a nove anni dall'attacco alle Torri Gemelle e al Pentagono, la cui ricorrenza cade domani, l'America - e il resto del mondo – siano ancora pervasi da emozioni fortissime nel ricordo della tragica azione di Al Qaeda. Come la polarizzazione e la ricerca della provocazione aumenti, invece di diminuire. E come un improbabile reverendo evangelico con 50 disperati seguaci in un paesino sperduto della Florida riesca a far esplodere su queste ceneri ardenti un nuovo potenziale conflitto religioso: ieri si sono mobilitati l'Fbi e l'Interpol, le minacce di attacchi terroristici anche in Europa e contro civili venivano da ogni parte, spesso prive si credibilità. Su tutto, le parole calme e riflessive del presidente Obama hanno rappresentato l'unica ancora di stabilità in un contesto di isteria collettiva sia mediatica che dell'opinione pubblica. E l'obiettivo non era solo quello di convincere Jones a cambiare idea. Il presidente voleva anche parlare al mondo islamico moderato, a quel miliardo e mezzo di musulmani nel mondo, per dimostrare loro che la Casa Bianca e la Grande America non sono il reverendo Jones.

«Da un punto di vista pratico – ha detto Obama alla rete Abc - come capo supremo delle forze armate degli Stati Uniti d'America voglio che Jones capisca che questa bravata che sta preparando può gravemente aumentare il pericolo per le vite dei nostri giovani soldati e soldatesse in Iraq e in Afghanistan... Il falò diventerà per al Qaeda un moltiplicatore per arruolare giovani terroristi pronti a farsi saltare in aria in città americane o europee…».

Poi, serio, ha aggiunto: «Se sta ascoltando io spero che si renda conto che quel che propone di fare è completamente contrario ai nostri valori come americani… Spero che ascolti gli angeli migliori del suo credo». Ma forse il pastore Jones era più pronto a perseguire un ruolo di "eroe" in grado di spostare da solo la moschea di Ground Zero, come vorrebbero i due terzi degli americani, che a seguire gli angeli del suo credo.

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