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Tremonti: «È arrivato il tempo per guardare allo sviluppo»

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Questo articolo è stato pubblicato il 10 settembre 2010 alle ore 18:56.

«Ora è arrivato il tempo di guardare anche allo sviluppo». Così il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, alla Summer School della Fondazione Magna Carta. «Il tempo seguito fino a ora si è rivelato giusto e c'è anche un modo che è quello europeo. Non è che uno è cretino, che non guarda allo sviluppo, ma ci sono i tempi e i modi». Secondo il titolare del Tesoro, «lo sviluppo non si fa col deficit e con la spesa pubblica, non puoi fare lo sviluppo senza il rigore. Ora con l'Europa, in Europa è arrivato il tempo». L'Italia, ha detto poi il ministro ai microfoni del Tg4, «non può andare avanti senza il nucleare, senza opere pubbliche veloci e tutto questo è il piano delle riforme che vogliamo fare».

Tremonti ha attaccato le «demenziali politiche di privatizzazione». Avevamo una massa critica produttiva, ma negli anni «l'abbiamo persa per demenziali politiche di privatizzazione». Il ministro ha indicato due esempi negativi: «la privatizzazione delle telecomunicazioni e lo spezzatino dell'Eni». La Germania, ha detto il ministro, «ha dieci giganti industriali e parla con la Cina da gigante. Da noi il 98% del Pil è fatto da imprese minime. Quindi è difficile per un gigante investire da noi».

La ricetta del ministro prevede l'aggregazione delle imprese, l'assistenza delle imprese all'estero, la «riduzione del quantum di regole», il nucleare e una politica per il Sud diversa. «Tante volte persone autorevoli mi hanno detto: fai spesa pubblica per un punto di Pil. Credo sia stato saggio non seguire questo suggerimento».

In relazione ai rischi che corrono i mercati finanziari nella fase attuale, Tremonti ha ricordato che «l'intensità di quello che é accaduto impone l'obbligo di coscienza e prudenza elevate». La crisi sembra si stia lentamente esaurendo, tuttavia «é ancora terra incognita». In uno dei passaggi del suo intervento ha affermato che «la Bce lavora in modo diverso da prima della crisi. L'impressione ora é che abbia mani forti sul mercato». Per il responsabile del Tesoro, il lavoro della Bce e l'istituzione di un fondo di garanzia da 700 miliardi «sono la difesa esterna contro la caduta di fiducia e non solo la speculazione». Il ministro ha poi citato altri due elementi di intervento in Europa, che ha definito «più politici»: la nuova politica economica europea e la revisione del patto di stabilità e crescita.

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Nessun autunno caldo, nessun timore di conflitto sociale nel terzo autunno di crisi. Tremonti ha escluso, dunque, che nei prossimi mesi ci possa essere rottura sociale. «Nell'insieme - ha detto Tremonti al Tg4 - anche quest'autunno lo affrontiamo senza problemi drammatici, traumatici, proprio perchè siamo stati, lo dico come Governo, seri».

In arrivo novità per quanto riguarda la Banca del Mezzogiorno. «Una notizia importante - ha detto il ministro - relativa a un passaggio fondamentale per la Banca del Mezzogiorno. Non è che queste cose si fanno con la bacchetta magica». Per il ministro «la Banca del Mezzogiorno sta venendo fuori e sarà importante per il sud».

«Quando il Pil va male non è solo colpa del governo – ha sottolineato Tremonti - perché il Pil lo fanno tutte le forze economiche e c'è anche un problema di produttività industriale. In un regime sovietico potevi incavolarti con il governo, fucili il direttore delle statistiche o il ministro delle Attività produttive», che, ha aggiunto il ministro scherzando, qui «non c'è» (dopo le dimissioni di Claudio Scajola e l'interim assunto dal premier). «Adesso in un'economia liberale il governo può fare Tanto, ma non può fare tutto».

Poi ha attaccato i baroni universitari. Il sistema universitario italiano, ha detto il ministro, «non è al servizio degli studenti ma dei professori». Secondo Tremonti «bisogna finirla con la follia delle università che falliscono ( il riferimento è all'ateneo senese, ndr), con i corsi che si moltiplicano per i baroni che stanno in giro. Non si può continuare così». Tremonti ha ricordato anche che «le università aprono sedi secondarie nel territorio delle altre università. Questo non è un sistema al servizio degli studenti ma dei professori. Senza voler fare riferimenti polemici per nessuno se uno vuole avere un'esperienza con la nomenklatura sovietica, basta frequentare alcuni esponenti dell'università. Se uno vuole avere un'idea di cos'era l'Unione sovietica, bisogna avere un contatto con la Conferenza dei rettori, che trasmetteva questa idea».

Il Pil italiano scatta sui livelli pre-crisi. Frena la produzione industriale

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