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Questo articolo è stato pubblicato il 11 settembre 2010 alle ore 15:56.
«In tanti Paesi c'è un tempo per fare le indagini, dopodichè, una volta iniziato il processo, il potere punitivo dello Stato non si ferma più, non c'è prescrizione. Da noi invece si sono accorciati i tempi di prescrizione e si tende sempre più ad accorciarli, per dare un colpo di spugna e garantirsi, quelli che ne hanno bisogno, l'impunità». Lo ha detto il procuratore nazionale antimafia, Piero Grasso, intervenendo al Laboratorio delle idee dell'Udc a Chianciano Terme.
«C'è qualcuno - si è chiesto Grasso - che vuole che il processo duri ragionevolmente o si vuol far allungare i processi per arrivare alla prescrizione? Si vuole che il processo abbia una durata ragionevole o si vuole dare un colpo di spugna per procurarsi l'impunità attraverso la prescrizione?».
Grasso non fa alcun riferimento diretto ma èchiaro il riferimento alla proposta di legge di Enrico Costa, capogruppo Pdl in commissione giustizia alla Camera, che punta alla riforma del processo penale. Il ddl prevede l'ampliamento delle possibilità della difesa di ammettere testimoni a discarico, anche se manifestamente superflui. Ma soprattutto prevede che le sentenze definitive di condanna non possano essere utilizzate come prova dei fatti in esse accertati.
La proposta è stata già ribattezzata «processo lungo» perché allungherebbe i tempi dell'istruttoria dibattimentale, a cominciare dal processo Mills. Questo processo, in cui Berlusconi imputato di corruzione giudiziaria, è attualmente sospeso per via del legittimo impedimento. La Cassazione ha tuttavia accertato i fatti nella sentenza contro l'avvocato inglese David Mills, che è stato riconosciuto colpevole anche se «graziato» dalla prescrizione. Una pronuncia che, al momento, inchioderebbe l'imputato Berlusconi accorciando, quando gli effetti del legittimo impedimento saranno esauriti, i tempi del dibattimento.
Sempre in tema di riforma della giustizia il procuratore nazionale antimafia attacca: «Bisogna stare in guardia - avverte - che con certe riforme si cerchi di delegittimare, intimidire certi magistrati, renderli inoffensivi». A chi gli domandava quali, Grasso ha risposto: «Quei magistrati che, pur non essendo stati eletti dal popolo, trovano ancora punti di riferimento nel rigore etico, nella difesa della cosa pubblica. Quei magistrati definiti matti o utopisti che credono ancora che in Italia si possano processare non solo gli autori delle stragi, ma anche la mafia dei colletti bianchi, i corruttori dell'imprenditoria, della politica, della pubblica amministrazione, coloro che creano all'estero società fittizie, fondi neri».