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Berlusconi: «In parlamento avrò una grande maggioranza. Andremo alle elezioni fra tre anni»

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Questo articolo è stato pubblicato il 12 settembre 2010 alle ore 14:45.

Silvio Berlusconi assicura la lealtà dei finiani al programma e conferma di avere una «grande maggioranza» per governare. Dal palco della Festa di Atreju a Roma, il premier stoppa le varie ipotesi di andare a elezioni anticipate: «non possiamo andare al voto - ha spiegato - perchè in questa situazione non è possibile farlo e un terzo degli italiani ci direbbe che non siamo stati capaci a mantenere la maggioranza che avevamo».

Parlando invece dei finiani, il premier ha ribadito che «non ci sono state espulsioni ma solo dei deferimenti di tre persone al collegio dei probiviri che ancora non si è riunito». Si è detto , ha aggiunto, che nel nostro partito non può esserci dissenso ma è vero l'opposto. «È giusto che ci sia ma deve essere costruttivo e non diventare un quotidiano attacco all'immagine pubblica del Pdl, del governo e del premier».

Berlusconi ha confermato che andrà in parlamento (a fine settembre) per verificare se ci sarà una maggioranza sui 5 punti programmatici. «E non credo - ha aggiunto - che in quella sede i finiani verranno meno agli impegni soprattutto nei confronti dei nostri elettori». Del resto, ha evidenziato, «anche nel centro molti potrebbero votare in dissenso dal loro leader e non far mancare l'appoggio al nostro governo». Berlusconi, in una nota, ha poi spiegato meglio il suo pensiero: «il mio discorso sui centristi non riguardava in modo specifico Casini e l'Udc, ma si riferiva in generale alla posizione centrista in quanto tale». Peraltro, ha aggiunto, «è stato un discorso rivolto al futuro in caso di elezioni, non al presente».

Il premier ha poi affrontato il tema della questione morale. «I giornali della sinistra - ha detto - hanno messo in giro l'idea di una nuova Tangentopoli. Non c'è nessuna Tangentopoli, nel nostro partito abbiamo individuato i mascalzoni e li abbiamo cacciati». Berlusconi ha sottolineato anche di essere d'accordo nell'inserire nello statuto del Pdl una norma che preveda l'incandidabilità dei condannati, ma «a patto - ha subito precisato - che costoro non siano giudicati da una certa magistratura, ma da un organo interno al nostro partito».

Il premier ha parlato anche di politica economica

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. «Il quoziente familiare è nel
nostro programma», ha detto, ma ha riconosciuto che si tratta «di un punto impegnativo da raggiungere». L'obiettivo generale, ha spiegato Berlusconi, è fare «una riforma fiscale che semplifichi le imposte e arrivare anche a una loro riduzione a favore di famiglie e piccole e medie imprese». Il Cavaliere ha lanciato poi il programma delle quattro I: «internet, informatica, impresa e inglese»: più «identità», ha corretto il tiro, incalzato dalla padrona di casa, e ministro della Gioventù, Giorgia Meloni. Sulla riforma di scuola e università, il pensiero del premier è in linea con quello di Mariastella Gelmini: «formare giovani più preparati lontanti dal nozionismo precedente» e «pronti per lavorare in azienda». Una battuta infine sull'interim (non ancora concluso) al ministero dello Sviluppo economico: «ho fatto più di trecento provvedimenti e ho impostato bene le cose per il prossimo ministro, che - sono certo - non troverà lavoro accumulato».

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