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Questo articolo è stato pubblicato il 13 settembre 2010 alle ore 08:04.
Cesarei nell'occhio del ciclone, giovani madri che perdono la vita in sala parto, liti tra medici, trasfusioni sbagliate, disservizi, indagini e sospetti. Da Messina a Matera, da Roma a Torino, l'estate buia della sanità ha riacceso i riflettori su una questione sempre "calda": la sicurezza negli ospedali e la responsabilità dei professionisti. Soprattutto al Sud, ma non solo. Con un'avvertenza d'obbligo: la cronaca di errori e negligenze rischia di esacerbare gli aspetti negativi del servizio sanitario, oscurando milioni di prestazioni di cui ogni anno usufruiscono i cittadini. E anche gli avvocati si adattano al trend e offrono consulenza gratuite e pagamenti solo in caso di vittoria della causa in tribunale.
Al di là degli errori eclatanti, e in assenza di dati puntuali e ufficiali sulla cosiddetta malpractice, l'unica evidenza di cui si dispone è che negli ultimi anni la conflittualità tra medici e pazienti è aumentata. Secondo l'ultima rilevazione dell'Ania, l'associazione nazionale delle imprese di assicurazioni, tra il 1994 e il 2008 il numero di sinistri denunciati alle compagnie per le due coperture di area medica (responsabilità civile delle strutture sanitarie e responsabilità civile dei medici) è più che triplicato (da 9.567 a 29.597). A dispetto di quanto si pensa comunemente, dal 2008 al 2007 sono state le denunce nei confronti di Asl e ospedali a crescere (+10% soltanto dal 2007 al 2008, a quota 17.746) mentre hanno finalmente frenato quelle nei confronti dei singoli professionisti (-11,7%, a quota 11.851).
Eppure sono proprio i medici a subire i contraccolpi più pesanti. Sia in termini di costo dei premi assicurativi (che per Asl e professionisti sono lievitati in tutto dai 35 milioni di euro complessivi del 1994 ai 453 del 2007) sia a livello di immagine. L'Amami (l'Associazione per i medici accusati ingiustamente di malpractice) stima che l'80% dei chirurghi, nel corso della carriera, è raggiunto da un avviso di garanzia o da una richiesta di risarcimento danni. Ma stima anche che l'80% dei processi si risolve con l'assoluzione, soprattutto in sede penale.
Le aree specialistiche più a rischio denuncia sono sette, come si evince dal rapporto Pit Salute 2009 del Tribunale dei diritti del malato: ortopedia (17,5%), oncologia (13,9%), ginecologia e ostetricia (7,7%), chirurgia generale e oculistica (5,4%), odontoiatria (5,2%), emergenza e pronto soccorso (2,8%). La reazione dei camici bianchi è sempre la stessa: la medicina difensiva. Quell'atteggiamento per cui, pur di scansare ogni pericolo, si abbonda con la prescrizione di esami superflui e farmaci inutili o addirittura ci si astiene da interventi ad alto rischio o si evitano pazienti particolarmente gravi. Da un'indagine della Società italiana di chirurgia è emerso che il 78% dei 307 chirurghi interpellati ha fatto ricorso a qualche forma di medicina difensiva.