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Questo articolo è stato pubblicato il 22 settembre 2010 alle ore 18:05.
Spirano di nuovo venti di burrasca tra le due sponde del Pdl. E il canale di dialogo che si era aperto sulla giustizia, attorno alla necessità di approntare una soluzione per trovare uno scudo processuale al premier Silvio Berlusconi, segna oggi una brusca battuta d'arresto.
A scaldare gli animi di Gianfranco Fini e dei suoi è la notizia, pubblicata dal Giornale e da Libero, che riprendono due quotidiani dominicani, Listin Diario ed El Nacional, secondo la quale la casa di Montecarlo lasciata in eredità ad An dalla contessa Colleoni sarebbe stata acquistata in realtà da Gian Carlo Tulliani, fratello della compagna del presidente della Camera. E che, in base al documento pubblicato oggi e firmato dal ministro della Giustizia dell'isola di Santa Lucia, risulterebbe il proprietario occulto della Printemps Ltd e della Timara Ltd, le due società off shore che hanno acquistato in tempi diversi l'appartamento e che hanno sede legale proprio nell'isola.
La reazione di Fini è di profonda rabbia. Il presidente della Camera, racconta chi lo ha incontrato, è furibondo. «Quel documento è una porcata, un falso», talmente fatto bene da pensare che dietro ci siano i servizi, è ragionamento dell'ex leader di An. Che, ancora prima della riunione mattutina di Futuro e Libertà per decidere il sì dei finiani sull'utilizzo delle intercettazioni a Cosentino, aveva già avuto modo di esprimere in modo chiaro ed inequivoco a diversi dei suoi la chiusura di ogni spazio di dialogo con Berlusconi. Ma la frase pronunciata da Fini e riportata dalle agenzie viene corretta dal portavoce del presidente della Camera, Fabrizio Alfano. «Il presidente Gianfranco Fini non ha mai utilizzato le espressioni che gli sono state attribuite».
La pattuglia parlamentare di Futuro e Libertà è dunque pronta a rimettersi «l'elmetto in testa», per dirla con le parole di una delle colombe di Fli. Ed è convinta che dietro il documento diffuso oggi ci sia appunto la mano dei servizi. Anzi, in ambienti finiani si sarebbe venuti in possesso di «elementi che evidenziano una vera e propria attività di dossieraggio, con utilizzo di ingenti risorse di denaro in Italia e all'estero al fine di produrre e diffondere documentazione falsa». L'accusa viene esplicitata proprio da uno degli uomini più vicini a Fini, Carmelo Briguglio. Che proprio oggi, in qualità di membro del Copasir, ha annunciato l'intenzione di chiedere, al presidente Massimo D'Alema, «che il comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica assuma una decisa iniziativa in relazione alla pubblicazione di atti di dubbia autenticità, se non addirittura falsi, formalmente intestati ad autorità di Stati stranieri, con lo scopo di alimentare la campagna scandalistica contro la terza carica dello Stato italiano».