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Questo articolo è stato pubblicato il 06 ottobre 2010 alle ore 11:57.
"Grande arte in provetta": così il comitato dei Nobel ha cercato di rendere più poetica la scoperta cui ha appena assegnato il Nobel per la chimica : ovvero tre reazioni di accoppiamento ossidativo che utilizzano il palladio come catalizzatore. I vincitori sono tre anziani ricercatori, lo statunitense Richard F. Heck (università del Delaware in Newark, 79 anni, in pensione), il giapponese Akira Suzuki (dell'Hokkaido University, a Sapporo, 80 anni, in pensione) e Ei-Ichi Negishi (della Purdue university di West Lafayette, 75 anni), cinese di nascita, cittadino giapponese, professore americano.
Ieri è stato assegnato il Nobel per la Fisica, mentre lunedì quello della Medicina.
Le tre reazioni, sviluppate in parallelo, portano il loro cognome e sono considerate "uno degli strumenti più sofisticati che oggi la chimica ha a disposizione". Servono a sintetizzare in laboratorio molecole organiche complesse. Infatti, ciò che è la natura è in grado di fare, non è assolutamente semplice da ricreare in laboratorio. La chimica organica, ovvero quella basata sul carbonio, fa da intelaiatura alla vita: sono le molecole organiche che ci compongono, che danno il colore ai fiori, che costituiscono il veleno dei serpenti o anche sostanze capaci di uccidere i batteri come la penicillina. Il carbonio, un atomo estremamente versatile, è infatti uno "scheletro" stabile che la natura usa per creare molecole molto complesse dalle funzioni più disparate. Per ricreare queste sostanze in laboratorio, in modo da evitare si doverle estrarre dagli organismi viventi, un processo spesso costoso e che limita le quantità disponibili, i chimici devono essere in grado di legare gli atomi di carbonio tra loro. Cosa tutt'altro che facile visto che il carbonio è stabile e non tende a reagire con altri atomi di carbonio. I primi metodi usati dai chimici per "convincere" gli atomi a formare legami con altri atomi furono quelli di cercare di rendere il carbonio più reattivo. Questi metodi funzionano quando si tratta di creare molecole molto semplici, ma quando si cercano di fare sostanze complesse, si producono troppi prodotti di scarto.