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Abu Mazen a Netanyahu, non riconosciamo lo Stato ebraico. Israele non rispetta gli obblighi

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Questo articolo è stato pubblicato il 11 ottobre 2010 alle ore 21:43.

I palestinesi non riconosceranno lo Stato ebraico. Un portavoce del presidente Abu Mazen (Mahmud Abbas) ha respinto la proposta di Benjamin Netanyahu. Il premier israeliano aveva esortato la leadership palestinese a «riconoscere Israele come territorio del popolo ebreo», in cambio di un nuovo congelamento delle colonie. «Questo ordine non ha niente a che fare con il processo di pace o con gli obblighi non rispettati da Israele», ha detto il capo negoziatore palestinese Saeb Erakat.

Venerdì scorso il presidente palestinese aveva detto ai leader arabi riuniti a Sirte (Libia) che Israele ha «abrogato di fatto gli accordi di Oslo» del 1993 sull'autonomia palestinese e anche «gli altri accordi raggiunti con l'Organizzazione per la Liberazione della Palestina (Olp)». Abu Mazen, ha precisato oggi Saeb Erekat, si riferiva alle incursioni israeliane nelle zone autonome palestinesi e alle generali condizioni di dipendenza in cui si trova l'Autorità nazionale palestinese (Anp).

Erekat ha confermato che Abu Mazen ha presentato agli Arabi delle alternative ai negoziati di pace con Israele: chiedere a Washington di riconoscere uno Stato palestinese entro le frontiere del 1967, rivolgersi al Consiglio di sicurezza del'Onu; chiedere all'Assemblea generale dell'Onu di porre i territori occupati sotto tutela internazionale.
«Abu Mazen non ha detto che intende dimettersi o sciogliere l'Anp», ma, ha aggiunto Erekat, «si è chiesto quale fosse le necessità di mantenere l'Anp, dato che Israele ha abrogato gli accordi di Oslo e gli altri accordi, e l'ha spogliata delle sue competenze sui territori palestinesi».

I palestinesi hanno respinto più volte le richieste di Netanyahu, sostenendo che riconoscono Israele da uno scambio di lettere del settembre 1993 fra l'allora presidente dell'Olp, Yasser Arafat, e il Primo ministro israeliano, Yitzhak Rabin.
Israele è sotto intensa pressione internazionale, in particolare americana, perché rinnovi la moratoria sulle nuove costruzioni nelle colonie che è scaduta il 26 settembre, senza la quale il leader palestinese Abu Mazen ha avvertito che non continuerà i negoziati.
La Lega araba venerdì ha avallato la posizione di Abu Maxen, concedendo però un mese di tempo agli Stati Uniti per eliminare questo ostacolo ai negoziati di pace diretti rilanciati il 2 settembre a Washington. Abu Mazen ha dichiarato ai leader arabi riuniti a Sirte, in Libia, che Israele aveva "abrogato di fatto gli accordi di Oslo" del 1993 sull'autonomia palestinese, ha detto Erekat, confermando che il presidente palestinese aveva presentato delle alternative ai negoziati diretti con Israele. Abu Mazen ha proposto diverse opzioni: chiedere a Washington di riconoscere uno Stato palestinese entro i confini del 1967, portare la questione davanti al Consiglio di sicurezza dell'Onu, o chiedere all'Assemblea generale dell'Onu di porre i Territori occupati sotto tutela internazionale.

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I capi della diplomazia francese e spagnola, Bernard Kouchner e Miguel Angel Moratinos, hanno intanto sottolineato oggi, al termine del loro incontro ad Amman con il leader palestinese Abu Mazen, la loro volontà di «giocare il ruolo di amici di Israele e della Palestina». «La nostra idea é di dare l'esempio dell'Europa. Noi abbiamo superato secoli di difficoltà», ha detto Kouchner in una conferenza stampa congiunta con Moratinos. I due ministri si sono recati in Israele e nei Territori palestinesi «per manifestare la loro disponibilità a giocare il ruolo di amici di Israele e della Palestina», ha spiegato aggiunto Kouchner. «Non abbiamo il posto degli americani, che hanno questa tradizione di sostegno allo Stato di Israele e al processo di pace che noi non abbiamo ma che guadagniamo poco a poco», ha detto ancora Kouchner.

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