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Questo articolo è stato pubblicato il 15 ottobre 2010 alle ore 11:06.
Il presidente del consiglio Silvio Berlusconi, il figlio Piersilvio e altri dirigenti Mediaset sono indagati a Roma per evasione fiscale e reati tributari nell'ambito di uno stralcio dell'inchiesta milanese sulla compravendita dei diritti tv e cinematografici Mediaset. I guai giudiziari del premier hanno delle ricadute politiche, come spiega l'editorialista del Sole 24 Ore Stefano Folli.
Berlusconi e il figlio sono stati convocati in procura a Roma il 26 ottobre prossimo, secondo quanto si è appreso, nell'ambito del filone capitolino dell'inchiesta sulla compravendita dei diritti Mediaset. La data è indicata nell'invito a comparire notificato a i due indagati. Il premier e il figlio, stando alle indiscrezioni, potrebbero non presentarsi. Alcuni inviti a comparire, contrariamente a quanto appreso in precedenza da qualificate fonti a piazzale Clodio, sono stati inviati dagli inquirenti ad altri indagati; tra questi sicuramente i dirigenti Frank Agrama e Roberto Pace. L'invito a comparire blocca i termini di prescrizione dei reati che sarebbero previsti nel 2012.
Nel registro degli indagati compaiono, tra gli altri, anche i nomi di altri dirigenti come Giorgio Dal Negro, Daniele Lorenzano, Andrea Goretti (ex amministratore delegato di Rti all'epoca dei fatti contestati).
L'attività della procura di Roma è cominciata in seguito all'invio di atti, per competenza territoriale, relativi alle imposte del 2003 e del 2004. Nel quadro di questi accertamenti partiti dal capoluogo lombardo, Berlusconi e le altre persone coinvolte - circa una decina - erano finiti nel registro degli indagati ed in questa veste le loro posizioni sono state trasmesse a Roma. La competenza romana è determinata dal fatto che nelle due annate prese in esame la sede legale di Rti era nella capitale.
A Milano, dove il premier deve rispondere di frode fiscale, il processo è sospeso in attesa che la Consulta decida sulla validità della legge sul legittimo impedimento. Secondo l'avvocato del premier Niccolò Ghedini le indagini non possono che sostanziarsi nella contestazione di ipotesi praticamente identiche a quelle già prospettate dalla Procura di Milano, ancorchè per anni diversi».