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Fiom e Cgil si ricompattano nella piazza di San Giovanni e lanciano lo sciopero generale

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Questo articolo è stato pubblicato il 16 ottobre 2010 alle ore 13:40.

Fiom e Cgil si ricompattano nella piazza di San Giovanni nel giorno della manifestazione indetta dal sindacato delle tute blu di Corso Italia. Ma soprattutto confermano che «se non arriveranno risposte» sarà sciopero generale. Parlano all'unisono Guglielmo Epifani e Maurizio Landini e spazzano via le voci di contrasti all'interno del sindacato. «In assenza di risposte - annuncia Epifani - continueremo la nostra iniziativa anche con lo sciopero generale. È una delle armi che può essere utilizzata, anche se non è l'unica». Dunque è questa la prossima tappa, ma lo sciopero, avverte il numero uno della Cgil, «dobbiamo prepararlo bene, portando tutto il mondo del lavoro con le giuste proposte». E dal Pd, presente in piazza ma senza un'adesione formale, giunge l'auspicio del segretario Pierluigi Bersani. «Quella che si è fatta sentire pacificamente oggi in piazza San Giovanni è una voce che va ascoltata».

Epifani quasi non trattiene l'emozione davanti a quella che è la sua "ultima" piazza. A breve infatti passerà il testimone alla sua vice Susanna Camusso. «È un grande onore per me chiudere il mio mandato in questa piazza, davanti alle lavoratrici e ai lavoratori metalmeccanici». Quindi il segretario del sindacato di Corso Italia bacchetta il governo e il suo operato. «Ci vuole una politica economica radicalmente diversa perché questa politica ha umiliato il paese». Un paese che, aveva detto nel pomeriggio arrivando a San Giovanni, «sta rotolando, da mesi è lasciato a se stesso». Poi Epifani rispedisce al mittente le critiche su una possibile emarginazione della Cgil dopo le ultime scelte compiute al tavolo sulla riforma dei contratti. «Non siamo isolati né in Italia, né in Europa». Quanto alle presunte divisioni tra la Cgil e la Fiom, Epifani spazza via le tensioni delle scorse settimane e scandisce bene. «La Cgil - ribadisce - non lascerà solo la Fiom nelle battaglie per i diritti perché sono le nostre battaglie e sono quelle che ci hanno guidato, quelle che ci hanno fatto dire no quando altri hanno firmato e noi, invece, non abbiano chinato la testa».

Quasi le stesse parole pronunciate poco prima sul palco da Landini. «Noi alla Fiat abbiamo detto di no. Alla Federmeccanica abbiamo detto di no, perché quando si vogliono cancellare i diritti e il contratto diremo sempre di no», aveva detto un combattivo segretario della Fiom davanti a migliaia di persone che gridano «sciopero, sciopero, sciopero generale». Il segretario delle tute blu della Fiom aveva così rivolto prima lo sguardo al passato, al no della Fiom all'accordo separato sullo stabilimento Fiat di Pomigliano e a quello sulle deroghe al contratto. «Siamo un sindacato che vuole fare accordi. Lo facciamo tutti i giorni nelle fabbriche. Allora se si vuole far funzionare le fabbriche si riapra la trattativa e si permetta ai lavoratori di dire sì o no».

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Prima di Epifani, anche Landini aveva rimarcato la necessità di uno sciopero generale. «Abbiamo il dovere di continuare questa battaglia - aveva detto dal palco - e per continuare è necessario che si arrivi a proclamare lo sciopero generale». Poi il numero uno della Fiom aveva ripetuto quanto detto nei giorni scorsi dopo le polemiche su possibili infiltrazioni al corteo di oggi, paventate dal titolare dell'Interno, Roberto Maroni. «Se i ministri possono dire castronerie che a volte dicono - ragiona il numero uno della Fiom - è perché siamo noi che garantiamo a tutti di poter parlare e dire il loro pensiero». Ma il riferimento era anche al titolare del Welfare, Maurizio Sacconi, che da Prato, dal convegno di Confindustria sulle Pmi, aveva parlato «di una piazza di sinistra inadatta a governare». Landini però non ci sta e ribatte a distanza. «Questa piazza - aveva sottolineato il capo delle tute blu - ha la forza di dire che non solo è una manifestazione democratica e pacifica ma che se c'è la democrazia è perché chi lavora e produce l'hanno conquistata».

Tra i manifestanti tante le bandiere rosse del sindacato delle tute blu ma anche dei partiti della sinistra extraparlamentare. Migliaia di persone avevano raggiunto nel pomeriggio San Giovanni per assistere al comizio finale della manifestazione. Arrivando nella piazza il leader della Cgil Epifani era tornato a ribadire la natura non violenta del corteo di oggi. «Finora mi pare una manifestazione larga, partecipata e pacifica, e mi sembra che tutto vada bene». Sui numeri dei cortei, però, nessuna cifra ufficiale. «La piazza è gremita, la gente non riesce ad entrare, le strade intorno sono piene. Contateci voi», aveva risposto Landini a chi chiedeva quanti fossero i partecipanti. Solo l'ex segretario della Fiom, Giorgio Cremaschi, si era spinto più in là. «Saremo circa 1 milione - aveva detto nel pomeriggio -. È difficile, però, fare delle stime precise perchè, mentre erano già in corso gli interventi, la coda del corteo principale era ancora a Santa Maria Maggiore, a qualche chilometro da qui». La questura, in serata, parla di «buon esito della manifestazione grazie alle forze dell'ordine ma anche al senso di responsabilità dimostrato dai circa 80mila partecipanti ai due cortei».

La capitale aveva così accolto l'invasione pacifica dei manifestanti arrivati da tutta Italia per partecipare all'appuntamento organizzato dal sindacato dei metalmeccanici della Cgil. E mentre il corteo di Epifani scorreva verso piazza San Giovanni un lavoratore aveva ncalzato il segretario esprimendogli a voce alta la necessità di fare «uno sciopero generale». «Lo faremo, lo faremo», era stata la risposta sintetica battuta dalle agenzie. Tra i partecipanti poi anche tanti volti noti della politica.C'era l'ex pm Antonio di Pietro che con l'Idv aveva aderito alla manifestazione e che aveva parlato dell'appuntamento di oggi come di «una rivedicazione di identità, di cittadinanza da parte di persone che non ne possono più di essere trattate come besti». E c'era anche il governatore della Puglia e leader di Sel, Nichi Vendola, accolto da una ovazione mentre arrivava al corteo partito dal piazza della Repubblica. «La politica - aveva spiegato Vendola - deve mettere al centro della contesa pubblica il lavoro e la sua dignità». Con lui alla testa del corteo anche Paolo Ferrero, segretario del Prc, e Oliviero Diliberto, numero uno dei Comunisti italiani. Mentre il numero uno dei centristi, Pier Ferdinando Casini, intervistato da SkyTg 24 da lontano aveva lanciato un monito. «I partiti che sono scesi in piazza con la Fiom oggi sono "fuori da un disegno di governo riformista alternativo a Berlusconi».

Il Pd in piazza ma nessuna adesione formale. Dopo le polemiche dei giorni scorsi circa una partecipazione ufficiale alla manifestazione il Pd aveva invece optato per la partecipazione, ma senza aderire come sigla. E per i democratici c'erano l'ex ministro Cesare Damiano, Ignazio Marino e Stefano Fassina. «È una bella manifestazione, partecipata e pacifica, che mette al centro i problemi dei lavoratori. Siamo qui con i lavoratori - aveva spiegato Fassina - per raccogliere le domande importanti che vengono dal mondo del lavoro. Nel Pd abbiamo valutazioni diverse, ma - assicura - siamo tutti dalla parte dei lavoratori». Più o meno le stesse parole di Damiano. «Il Pd deve stare dove ci sono i lavoratori»,aveva sottolineato l'ex ministro del Lavoro. Ma Marino polemizza contro la scelta del Pd di non aderire formalmente alla manifestazione. «Il Pd - dice - è un grande partito popolare che trova il suo consenso nelle persone che sono qui oggi in questa piazza per dire le cose che noi diciamo in Parlamento. Allora mi chiedo per quale motivo non essere in piazza oggi».

I cortei senza incidenti. Diversi gli slogan gridati dalla folla ma tutti incentrati principalmente sul tema del lavoro: «nessun'azienda deve essere chiusa, nessun lavoratore deve essere licenziato», si legge su uno striscione bianco. Mentre a lettere cubitali erano sfilate per i due cortei le parole "diritti, democrazia e lavoro". «Pomigliano ce lo ha insegnato come si comporta un vero sindacato», urla invece un gruppo di lavoratori. Non era poi mancato chi sfilava esibendo foto e striscioni contro gli altri leader sindacali, Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti, l'amministratore delegato della Fiat, Sergio Marchionne, e il presidente del consiglio Silvio Berlusconi. Nel corteo anche due caricature del premier e del leader della Lega Umberto Bossi, con cartelli al collo: «la crisi c'è ma non per me». In marcia c'erano anche gli operai della Fiat e dell'indotto di Termini Imerese, quelli di Eutelia e di Pomigliano d'Arco, ma anche i tre operai di Melfi reintegrati. E nonerano mancati anche inviti al segretario generale della Cgil a riprendere la lotta: «Sciopero generale», invocava uno striscione. E dal palco Epifani e Landini non hanno deluso le aspettative. (Ce. Do.)

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