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Perplessità del Colle sullo scudo giudiziario. Il Pdl promette modifiche. Fini: stop leggi ad personam

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Questo articolo è stato pubblicato il 22 ottobre 2010 alle ore 18:46.

In una lettera indirizzata al presidente della commissione Affari costituzionali del Senato Carlo Vizzini, Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano esprime «profonde perplessità» sulla norma che prevede «la sospensione dei processi penali anche per il presidente della Repubblica». Una norma, sottolinea, «che non era del resto contenuta nella legge Alfano da me promulgata il 23 luglio 2008».

Il presidente ribadisce la propria volontà di restare «estraneo» all'elaborazione della legge sul Lodo Alfano. Ma osserva come lo scudo giudiziario per il capo dello Stato ne riduca l'indipendenza. «Come già ribadito più volte, è mia intenzione rimanere estraneo nel corso dell'esame al merito di decisioni delle Camere, specialmente allorché - come in questo caso - riguardino proposte d'iniziativa parlamentare e di natura costituzionale», scrive Napolitano.

«Non posso peraltro fare a meno di rilevare - sottolinea - che la decisione assunta dalla Commissione da lei presieduta incide, al di là della mia persona, sullo status complessivo del presidente della Repubblica riducendone l'indipendenza nell'esercizio delle sue funzioni». Estendere lo scudo giudiziario alla carica del presidente della Repubblica ne riduce l'indipendenza perché, scrive Napolitano nella lettera a Vizzini, «tale decisione, che contrasta con la normativa vigente risultante dall'articolo 90 della Costituzione e da una costante prassi costituzionale, appare viziata da palese irragionevolezza nella parte in cui consente al Parlamento in seduta comune di far valere asserite responsabilità penali del Presidente della Repubblica a maggioranza semplice anche per atti diversi dalle fattispecie previste dal citato articolo 90».

Su incarico del presidente Napolitano, il segretario generale della Presidenza della Repubblica ha inviato al presidente del Senato, e per conoscenza al presidente della Camera, copia della lettera che richiama l'attenzione della Commissione del Senato sulle conseguenze che le decisioni finora assunte possono avere sull'esercizio delle funzioni del capo dello Stato. In base a tali decisioni, infatti, conclude la lettera pubblicata anche sul sito internet del Quirinale, «il Parlamento potrebbe essere chiamato a pronunciarsi a maggioranza semplice sulla prosecuzione di procedimenti penali per fattispecie diverse da quelle previste dall'art. 90 della Costituzione, possibilità invece esclusa dalla normativa costituzionale vigente e dalla costante prassi applicativa, possibilità non contemplata neppure dalla legge Alfano n. 124 del 2008».

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«Semplice presa d'atto» delle parole di Giorgio Napolitano sul Lodo Alfano, ma nulla di più, per mantenere, mentre è in corso l'iter parlamentare, la «distinzione assoluta tra le prerogative del Capo dello Stato e quelle del Parlamento». Così il presidente della commissione Affari Costituzionali del Senato, Vizzini, in una dichiarazione riguardo alla lettera ricevuta dal presidente della Repubblica sulla nuova versione del lodo Alfano, peraltro criticata in alcuni punti anche dalla componente finiana della maggioranza. Ma pochi minuti dopo è stata diramata una nota congiunta da Maurizio Gasparri e Gaetano Quagliariello, capogruppo e vicecapogruppo del Pdl al Senato. Nel documento sono state annunciate modifiche al testo in discussione alla Commissioni e Affari costituzionali del Senato. «Le osservazioni del presidente della Repubblica non troveranno indifferenti il nostro gruppo parlamentare».

Dall'opposizione la capogruppo del Pd nella commissione Giustizia della Camera, Donatella Ferranti ha commentato. «Dopo un atto così rigoroso e di estremo equilibrio, il governo e la maggioranza si fermino e ritirino definitivamente quel mostro giuridico del lodo Alfano che mira allo stravolgimento delle basi della nostra Costituzione repubblicana». Il centrodestra - ha detto il presidente dei senatori dell'Italia dei Valori, Felice Belisario - ritiri immediatamente il lodo Alfano costituzionale. Se neanche di fronte alle fondate osservazioni del Quirinale Berlusconi si arrende, significa che siamo di fronte a un tentativo di golpe». Il Capo dello Stato «chiede chiaramente di non essere coperto da uno scudo incompatibile all'ordinamento costituzionale e di non essere trascinato nelle trame oscure del premier che, pur di non farsi processare, non esita - conclude Belisario - a coinvolgere anche la più alta carica dello Stato».

Sulla vicenda è intervenuto anche il presidente della Camera, Gianfranco Fini: «Le valutazioni del capo dello Stato sono sempre sagge. Mi auguro che il parlamento tenga conto delle criticità espresse dal capo dello Stato».

Fini ha poi affondato i colpi durante un dibattito al teatro Petruzzelli di Bari difendendo il sì espresso da Fli in Senato sul lodo Alfano. «A Mirabello dissi mai più leggi ad personam. Dissi che bisogna tutelare la funzione e non la persona, come fece la Francia quando Chirac era il capo dello Stato. Ci si accusa di aver accettato la retroattività ma non avrebbe senso tutelare la funzione se così non fosse. I giuristi sanno che fu un errore madornale l'omissione della retroattività».

Del resto «bisogna essere intellettualmente onesti - ha aggiunto Fini - e non cavalcare tigre la rischio di esserne sbalzati e divorati. È chiaro che è giusto fissare un arco temporale massimo dei processi. Ma è inaccettabile che all'ultimo minuto su quel treno si aggiunga il vagone della retroattività, cancellando migliaia di processi in corso. Queste ipotesi non ci troveranno mai consenzienti». E ancora. «Si può tutelare la funzione del presidente del Consiglio, ma non tutelare il premier cancellando migliaia di processi».

Infine un'altra stilettata al premier. «Berlusconi dice che vuol candidarsi nel 2013? La notizia sarebbe stata se avesse detto che non si ricandidava», ha ironizzato la terza carica dello Stato: «Il 2013 è lontano. Non faccio polemiche e non rispondo. Va bene che Berlusconi voglia ricandidarsi nel 2013, ma governiamolo adesso questo Paese. Il Governo governi e non pensi al candidato perchè mancano tre anni».

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